Onori e antiche magnificenze: cronaca dell’ambasciata d’obbedienza genovese a Paolo V (1605)


Abstract: L’articolo ripercorre le fasi dell’ambasciata d’obbedienza genovese a Paolo V attraverso il resoconto di uno dei membri di quell’ambasceria, Manfredo Ravaschiero. Incaricato dal cugino Sinibaldo Doria di relazionare sulla missione, Ravaschiero confeziona un documento che unisce finalità ed esigenze pubbliche e private. Scrupoloso nell’annotare le fasi politico-cerimoniali dell’ambasciata, Ravaschiero è altrettanto puntiglioso nella descrizione dei luoghi più evocativi di Roma per solleticare la curiosità del cugino committente. Al report diplomatico s’accompagna così un reportage “turistico” su Roma: scenario cerimoniale della politica degli Stati cattolici, e luogo di strabilianti mirabilia.

In Età moderna, l’elezione del pontefice era seguita dall’invio a Roma di specifiche missioni diplomatiche incaricate di manifestare l’osservanza degli Stati cattolici al nuovo papa. Ambasciate d’obbedienza dal duplice significato cerimoniale e politico: da un lato, era ufficialmente riconosciuto l’avvenuto avvicendamento al soglio pontificio; dall’altro, il pontefice, accettando l’obbedienza, riaffermava la propria centralità come fonte di legittimazione dei singoli poteri temporali. Momento di forte rilevanza simbolica, l’ambasciata d’obbedienza chiamava in causa una molteplicità di fattori e di elementi cerimoniali: le precedenze, innanzitutto; ma anche la disposizione nello spazio dei partecipanti, l’oculata scelta del vestiario, l’ufficialità o la segretezza di visite e ricevimenti.

 
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