Proposte interpretative del paradigma tridentino di Paolo Prodi


Abstract: Il presente contributo vuole mettere in evidenza la rilettura di Paolo Prodi del paradigma tridentino e di tutte le sue componenti nella modernità. L'intento è stato quello di focalizzare le diverse istanze di riforma della Chiesa, il cambiamento culturale e le mutazioni istituzionali verificatesi nella storia dell'occidente cristiano, discusse a Trento con piena consapevolezza, che hanno accompagnato il cammino dell'umanità fino ai nostri giorni, dando vita a una tensione non ancora del tutto esaurita.

«Ora tutto sta cambiando e occorre forse non un “Abschied von Trient”, un congedo da Trento, ma un “wieder starten von Trient”, un ripartire da Trento per riprendere un nuovo cammino adatto al prossimo millennio» (208). Questa affermazione, inserita nelle riflessioni finali del testo, si può considerare “la provocazione” con cui Paolo Prodi propone una rilettura – non solo storica – del paradigma tridentino e di tutte le sue componenti nella modernità. I termini “paradigma” e “modernità” portano lo storico ad affrontare, fin dalle prime battute, questioni esplicative, da una parte, e approfondimenti semantico-filosofici, dall’altra.

I limiti del termine “paradigma” in ambito storico sono ben chiari all’autore, consapevole della complessità e del divenire che caratterizzano gli avvenimenti storici, difficilmente incuneabili nelle griglie rigide sottese allo stesso termine. Il ricorso a questa parola è giustificato dall’enfasi con cui sono affrontate le componenti che hanno caratterizzato questo paradigma: «gli elementi portanti dell’istituzione “Chiesa” come storicamente si è sviluppata dopo il concilio di Trento» (7). Più complesso è il discorso sul termine “modernità” a cui Paolo Prodi dedica il primo capitolo “Cristianesimo e mondo moderno”.

L’autore evita di accostare il concetto di modernità con quello di secolarizzazione, come spesso è accaduto in ampi settori della storiografia; piuttosto si tenta di cogliere il senso del moderno nelle sue componenti distintive, che hanno connotato un’epoca rispetto ad un’altra. La riflessione sulla modernità non implica una rigida schematizzazione cronologica di un processo che ha le sue radici molto lontane e residui ancor oggi tangibili. L’autore infatti chiarisce che «la prima tappa di questo processo di modernizzazione avviene nel corso del Medioevo stesso, con lo sviluppo del pensiero teologico-filosofico e la graduale affermazione di una religione, il cristianesimo occidentale, che pone in primo piano il tema della trascendenza di Dio rispetto al mondo e che – con la fusione tra dottrina cristiana e la filosofia classica – restituisce quindi al mondo una sua autonomia dalla sfera del sacro» (20). La trascendenza di Dio, dunque, con un processo quasi paradossale ha liberato il mondo dalla sfera del sacro, ma quel mondo continuava ad essere animato da spiriti diabolici o angelici che tenevano in continua ansia l’individuo.

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