Lo storico nella polis

Lo storico nella polis

Abstract: Il lavoro degli storici deve necessariamente avvenire nella polis di cui, anzi, la storiografia è una protagonista naturale, sin dalle sue origini classiche; essa, dunque, deve intervenire nel dibattito, nonostante i rischi della divulgazione e della falsificazione.

Mi pare giusto partire dal tema con cui il volumetto si apre, che è un tema di estrema rilevanza e che un po’ pervade tutta l’opera (quindi è un’introduzione che è anche il filo conduttore di questo libro) e cioè la vexatissima questio dell’uso pubblico della storia. Che, come sapete, è l’argomento prevalente di discussioni infinite. Secondo quello che a me pare, e nonostante sia spesso frainteso quello che sto per dire, l’uso pubblico è inevitabile. Non solo inevitabile ma è forse, addirittura, l’architrave, il terreno di coltura, ab origine dell’attività storiografica. Per deformazione professionale, di studi non mi dispiace partire – senza che questa sia una minaccia di una trattazione di millenni – da un remoto inizio, da quell’epoca cioè nella quale, come scrisse una volta Arnaldo Momigliano, non esistevano scuole di storiografia: c’erano scuole di ginnastica, di musica. Né Erodoto pensava di essere uno storico – la parola con cui comincia la sua opera è, infatti, “ricerca”, l’esposizione della ricerca, la ricerca in tutte le direzioni: per lui sono oggetto di storia anche i monumenti, i canali navigabili, i giardini pensili di Babilonia. Quindi lo storico non nasce con quello che noi chiamiamo “inizio” della storia.

La storia nasce invece come “uso pubblico”. Che Erodoto abbia scritto per un pubblico non professionale ma per un pubblico “vero” e che quello che viene via via esponendo come sua ricerca sia destinato a quella fruizione, si ricava dall’opera stessa, dal celebre passo – che spesso mi capita di ricordare – in cui mette in scena una situazione, forse opinabile, forse veridica: la discussione dei nobili persiani sulla migliore forma di governo, dopo la fine tragica di Cambise e dell’usurpatore venuto dopo di lui. In quel dibattito – lamenta Erodoto – uno dei presenti propose di instaurare la democrazia in Persia (del che ci si può chiedere cosa propriamente fosse) e “non mi hanno creduto i Greci quando io l’ho detto”. Qui è evidente il riferimento a pubbliche discussioni, esposizioni pubbliche della sua ricerca.

La ricerca è messa dunque alla prova dinanzi ad un pubblico. Il pubblico reagisce senza costituire una élite di specialisti. Si potrebbero portare tanti altri esempi: la struttura stessa dell’opera di Erodoto è fatta in funzione di questa fruizione.
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