«Mi ha dato la scossa cinquantadue volte». Storie e voci di Villa Azzurra. Intervista a Alberto Gaino


Abstract: Alberto Gaino, giornalista, dal 1981 è stato cronista prima a «Stampa Sera», poi a «La Stampa». Occupandosi nello specifico di cronaca giudiziaria, ha seguito le principali inchieste della magistratura svoltesi a Torino. Nel 2017 per il Gruppo Abele pubblica, "Il manicomio dei bambini. Storie di istituzionalizzazione", questo colloquio è l’occasione per riflettere sul suo libro denuncia, che disvela le condizioni dei pazienti e i trattamenti cui i bambini, rinchiusi all’interno del ricovero, Villa Azzurra, nei pressi di Collegno, erano sottoposti. Ma è anche l’occasione per ragionare sulle conseguenze della legge 180 e sulla sua difficile applicazione a quaranta anni dalla promulgazione.

Alberto Gaino, giornalista, dal 1981 è stato cronista prima a «Stampa Sera», poi a «La Stampa». Occupandosi nello specifico di cronaca giudiziaria, ha seguito le principali inchieste della magistratura svoltesi a Torino. Nel 2017 per il Gruppo Abele pubblica, Il manicomio dei bambini. Storie di istituzionalizzazione, questo colloquio è l’occasione per riflettere sul suo libro denuncia, che disvela le condizioni dei pazienti e i trattamenti cui i bambini, rinchiusi all’interno del ricovero, Villa Azzurra, nei pressi di Collegno, erano sottoposti. Ma è anche l’occasione per ragionare sulle conseguenze della legge 180 e sulla sua difficile applicazione a quaranta anni dalla promulgazione.

 

Lei definisce gli ospedali psichiatrici come “discarica umana”, il posto in cui sono rinchiuse le persone che sono considerate scarti della società, per questo vi ritroviamo soggetti molto diversi l’uno dall’altro, per quale motivo al loro interno esisteva una sorta di omertà, tra chi vi lavorava, che faceva si che nessuno denunciasse ciò che accadeva?

Negli op torinesi, a metà degli anni 60, periodo di grande sviluppo dell’industria meccanica in città (con conseguenti sviluppo dei residenti, caos sociale e disordine urbanistico perché tutto era avvenuto senza programmazione), vi erano 5 mila internati. Per oltre un terzo ex operai. Seguiti da un’alta percentuale di casalinghe: donne che per definizione si occupavano di economia domestica. Sotto il fascismo, se un marito voleva disfarsi della moglie, poteva farla ricoverare pacificamente in manicomio con la motivazione che non era una buona madre, in grado di fare altri figli, e che non sapeva occuparsi con solerzia della casa. Nell’Italia liberata dal fascismo le casalinghe continuarono a riempire i manicomi per i più svariati motivi, ma dal denominatore comune di una condizione percepita come particolarmente alienante rispetto alla montagna di doveri da sostenere. In ogni caso, con l’internamento, donne, ex operai, chiunque perdeva tutti i diritti civili. Ed era consegnato all’oblio sociale.

Alberto Gaino, Il manicomio dei bambini
Alberto Gaino, Il manicomio dei bambini, Edizioni Gruppo Abele, 2017
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