A che punto è la storia dell’Inquisizione in Italia?



Abstract:

Nei giorni 17 e 18 ottobre 2013, presso La Sapienza Università di Roma, si è svolto il seminario dal titolo “A che punto è la storia della Inquisizione in Italia?” coordinato da Andrea Del Col (Università di Trieste) e Marina Caffiero (La Sapienza Università di Roma). L’iniziativa nasce dal desiderio di riprendere gli incontri sull’Inquisizione avviati a Pisa, dove, attorno ad Adriano Prosperi, si era raccolta una vera e propria comunità internazionale di studiosi.

A CHE PUNTO È LA STORIA DELL’INQUISIZIONE IN ITALIA? Nei giorni 17 e 18 ottobre 2013, presso La Sapienza Università di Roma, si è svolto il seminario dal titolo “A che punto è la storia della Inquisizione in Italia?” coordinato da Andrea Del Col (Università di Trieste) e Marina Caffiero (La Sapienza Università di Roma). L’iniziativa nasce dal desiderio di riprendere gli incontri sull’Inquisizione avviati a Pisa, dove, attorno ad Adriano Prosperi, si era raccolta una vera e propria comunità internazionale di studiosi. Il risultato più importante di quella stagione pisana è stato senza dubbio il Dizionario storico dell’Inquisizione (Pisa, Edizioni Normale di Pisa, 2011), la monumentale opera diretta da Prosperi con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, che raccoglie i contributi di numerosissimi studiosi dell’Inquisizione medievale e moderna. Al dizionario storico, però sembrò seguire una fase calante di interesse al tema, come se l’argomento avesse esaurito le sue capacità euristiche. Possibile che una istituzione così longeva, attiva e presente nella storia e nel territorio italiano avesse smesso di attirare la curiosità di studiosi e ricercatori? Recentemente, l’impressione è stata smentita da un’ondata di nuove pubblicazioni. Da qui la proposta di Andrea Del Col e Marina Caffiero di discutere insieme agli autori e agli studiosi le ultime ricerche, al fine di fare il punto sullo stato dei lavori sull’Inquisizione. Numerosi, dunque, i libri discussi nei due giorni romani, nel rispetto delle due dimensioni cardine nel lavoro di qualsiasi storico: cronologia (i contributi riguardano sia l’Inquisizione medievale sia quella moderna) e localizzazione (studi e ricerche su quasi tutto il territorio peninsulare, dalla Valle D’Aosta, alla Sicilia passando per il Piemonte, il Veneto, Bologna e Roma). Ma su quali linee di ricerca si sono mossi gli ultimi studi sul tema? Quali sono i nodi su cui si è sviluppato il dibattito? E, soprattutto, quali sono le nuove frontiere e prospettive di ricerca?

Uno dei leit motiv dell’incontro romano è stato il necessario ritorno alle fonti archivistiche per riscoprire il potenziale conoscitivo delle carte inquisitoriali. L’enorme quantità di documentazione distribuita nei più disparati fondi archivistici necessita ancora oggi di nuovi e sempre più raffinati strumenti di schedatura e catalogazione per facilitarne la lettura incrociata e gestirne le informazioni. In quest’ottica è fondamentale la collaborazione tra storici e archivisti: l’archivistica non è una mera tecnica, ha sostenuto Maria Grazia Pastura (Direzione generale per gli archivi), ma arte creativa se integrata alla ricerca storica. E lo ha dimostrato Andrea Del Col (L’Inquisizione del patriarcato di Aquileia e della diocesi di Concordia. Gli atti processuali, 1557-1823, Udine-Trieste, Istituto Pio Paschini-Edizioni Università Trieste, 2009) coordinando un composito gruppo di ricerca che ha portato avanti un importante e innovativo lavoro di inventariazione e schedatura degli atti processuali dell’Inquisizione di Bologna secondo criteri nuovi, immaginati appositamente per facilitare una lettura incrociata delle fonti e favorire ulteriori studi di tipo statistico e quantitativo. Utilissimo a questo fine è anche il censimento degli archivi inquisitoriali in Piemonte, avviato nel 2004 dalla Soprintendenza archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta e il Centro di ricerca sull’Inquisizione dell’Università di Trieste, grazie a un finanziamento della Compagnia San Paolo. I risultati del censimento, più le descrizioni degli archivi del Sant’Uffizio, dell’Indice e dell’Inquisizione senese, insieme alla ricognizione degli archivi diocesani e la schedatura della documentazione conservata presso il Trinity College di Dublino sono oggi disponibili e consultabili sul sito www.siusa.archivi.beniculturali.it. Esperienze e iniziative come queste forniscono strumenti utili e affidabili per la metodologia di approccio alle fonti oltre che per la ricerca archivistica.

L’esempio di una ulteriore forma di collaborazione fra studiosi e archivisti è l’avvio di seminari per specializzandi e dottorandi presso l’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, la cui apertura, quindici anni fa, ha significativamente segnato la ricerca sull’Inquisizione in Italia. Negli anni, ha ricordato Monsignor Alejandro Cifres, Direttore dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, si è istaurata una profonda e fruttuosa collaborazione attraverso la promozione di incontri, seminari e convegni. Oggi, l’archivio, con i seminari di studio, si presta a una nuova forma di valorizzazione dei propri beni, aumentandone il valore storico e stimolando la curiosità e le capacità dei giovani studiosi. Del resto, la ricerca d’archivio forgia lo storico, come ha aggiunto Daniel Ponzani (Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede).

Il convegno romano, dunque, dimostra come sul fronte della metodologia, la storia dell’Inquisizione in Italia sia nel pieno della sperimentazione di molteplici e efficaci forme di collaborazione, grazie ad una strumentazione sempre più aggiornata, agile e affidabile.

Ma anche sul fronte della storia istituzionale dell’Inquisizione il dibattito è ancora vivo e aperto. Le recenti pubblicazioni di Gian Luca D’Errico (L’Inquisizione di Bologna e la Congregazione del Sant’Uffizio alla fine del XVII secolo, Roma, Aracne, 2012) e Antonio Poppi (Giovanni Angeli, Lettere del Sant’Ufficio di Roma all’Inquisizione di Padova. 1567-1660, Padova, Centro Studi Antoniani, 2013) dimostrano la difficoltà nell’identificare le dinamiche relazionali centro-periferia entro quadri istituzionali complessi quali quello di Bologna o di Padova in età moderna, dove gli inquisitori si confrontano costantemente con le autorità cittadine e con i vescovi. E dunque: come si configurava il controllo da parte di Roma sull’operato degli inquisitori? Il binomio Inquisizione-Papato è ancora un fronte aperto. A tal proposito, Andrea Del Col ribadisce un punto fondamentale per lo snodo di queste problematiche legate ai rapporti tra centro e periferia: Inquisition belong to the Pope. La frase è in apertura del lavoro di Thomas F. Mayer (The Roman Inquisition. A Papal Bureaucracy and its Laws in the Age of Galileo, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2013), un lavoro ben recensito da Del Col che ne premia la sistematicità e la solida base bibliografica e documentaria. La ricerca, inoltre, si avvale di una prosopografia dei papi molto ricca dalla quale risulta un dato che andrebbe ulteriormente esplicitato: molti papi prima di essere tali, sono stati cardinali inquisitori. Quanto incide la carica inquisitoriale nel curriculum papale?

Dunque, sul versante della storia istituzionale e politica del tribunale sono ancora aperti fronti di dibattito e ricerche.

Un tema che non ha mai conosciuto un calo dell’interesse da parte degli storici o di curiosità da parte di un pubblico di non addetti ai lavori è quello della magia e stregoneria. Questo è senza dubbio il settore di studi in cui le fonti inquisitoriali hanno un ruolo privilegiato rispetto ad altre fonti di tipo giudiziario. La poliedricità e la ricchezza degli atti processuali a streghe, maghi e guaritori rivelano un substrato sociale profondo e intricato di cui solo il tribunale inquisitoriale riesce a sviscerare le componenti. Lavori come quello di Silvia Bertolin (Processi per fede e sortilegi nella Valle d’Aosta del Quattrocento, Aoste, Académie Saint-Anselme, 2012) o di Maria Sofia Messana sul nesso tra malattia, guarigione e pratiche terapeutiche magico-religiose (Il Santo Ufficio dell’Inquisizione. Sicilia 1500-1782, Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2012) o ancora di Maria Pia Donato (Morti improvvise. Medicina e religione nel Settecento, Roma, Carocci, 2010), sebbene in contesti geograficamente e cronologicamente distanti (la Valle d’Aosta del Quattrocento nel primo caso, la Sicilia del Cinque e Seicento nel secondo e la Roma settecentesca nel terzo) dimostrano come le problematiche legate allo stretto nesso tra pratiche magiche, mediche e religiose si prestino a sempre nuove scoperte, riflessioni e ricerche.

Un ulteriore fronte classico degli studi inquisitoriali è quello che si intreccia con la storia dell’ebraismo. Ma anche in questo caso non è stato ancora detto tutto. La recente pubblicazione di Marina Caffiero (Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e stregoneria, Torino, Einaudi, 2012) fornisce una nuova chiave di lettura per la storia delle comunità ebraiche solitamente incentrata sulla segregazione nel ghetto. Marina Caffiero, invece, presenta un contesto cittadino fluido, dove ebrei e cristiani istaurano legami fiduciari solidi e continui, spesso però rischiosi, tali da condurli di fronte all’Inquisizione. Dalle carte inquisitoriali, emerge un mondo dinamico dove i percorsi individuali si intrecciano e si condizionano reciprocamente. Le singole esperienze dei soggetti protagonisti non sono semplici aneddoti, un termine che Federico Barbierato invita a usare con molta cautela, ma prove e testimonianze di una realtà sfaccettata. Proprio in questi contesti così complessi, l’Inquisizione rivela la sua natura di istituzione diffusa, capace di penetrare in tutti i meandri dell’ordinamento politico, sociale e personale, spingendosi fino ad avere giurisdizione sugli stessi ebrei, anche quando non battezzati.

Ma un’eccezione allo strapotere inquisitoriale l’ha messa in luce Giuseppina Minchella analizzando la fortezza di Palmanova, in Friuli. A Palmanova, le dinamiche relazionali fra soldati provenienti da diversi contesti e culture, sono costanti, fluide e difficilmente comprensibili se non intercalate nel loro contesto di riferimento. Palmanova è il principale avamposto contro i Turchi e, nei periodi di maggior pericolo, vi risiedono fino a 23 mila soldati. In questo contesto, non conviene condurre processi per eresia e apostasia contro i soldati, perchè la logica etico-religiosa di cui l’Inquisizione è la rappresentante, lascia qui il posto a logiche strategico-militari. Un caso di eccezione, dunque, come può essere anche il caso siciliano dove, dal 1487, l’Inquisizione non dipende dal papa ma dal re di Spagna. Un ottimo quadro delle vicende del Santo Ufficio siciliano e della sua attività di repressione è fornito da Maria Sofia Messana (Il Santo Officio della Inquisizione, cit.), un libro pensato per l’attività didattica e nello stesso tempo pieno di ulteriori spunti di ricerca. A tal proposito, infatti, Giovanna Fiume ha lanciato alla comunità scientifica l’invito allo studio di una fonte iconografica senza precedenti: i graffiti delle carceri dell’Inquisizione a Palazzo Chiaromonte o Steri a Palermo, sede del tribunale del Santo Uffizio dal 1605 al 1782, anno dell’abolizione. Si tratta di un preziosissimo repertorio di manifestazioni grafiche (disegni, salmi, poesie, preghiere, immagini di santi, di navi, di battaglie) sul quale Maria Sofia Messana lavorava da tempo e che oggi costituisce un’importante occasione per nuove collaborazioni scientifiche tra studiosi.

La recente pubblicazione a cura di Giorgio Caravale e Stefania Pastore (John Tedeschi. Intellettuali in esilio dall’Inquisizione romana al fascismo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012) permette di ripercorrere le esperienze biografiche di John Tedeschi, uno dei maggiori studiosi dell’Inquisizione, aprendo delle interessanti domande sul complesso rapporto tra storia personale e percorso di ricerca. Esule del fascismo, lo storico italo americano ha impiegato la maggior parte della sua vita allo studio dell’Inquisizione e degli inquisiti. Una scelta casuale? Quanto le esperienze personali hanno inciso sulle scelte scientifiche? Quanto la biografia influenza l’opera? In quest’ottica, Tedeschi, insieme ad altri intellettuali come Paul Oskar Kristeller, si colloca idealmente in quella catena di esuli che dal Cinquecento dell’Inquisizione al Novencento dei Fascismi, hanno esportato, diffuso e difeso la cultura italiana, mentre in Italia si procedeva con le censure e la repressione.

Quali, infine, le ricerche in corso e le prospettive per gli studi sull’Inquisizione in Italia? L’ultima tendenza sembra quella di mettere in discussione il canone consolidato di “dissenso” per parlare invece di “dissensi religiosi”, come spiega Federico Barbierato presentando EmoDiR, il gruppo di ricerca internazionale sulle differenze religiose e i conflitti in età moderna (www.emodir.net). Dalle fonti inquisitoriali risulta, infatti, un panorama di esperienze e opinioni che necessitano di essere declinate al plurale. Perchè plurali e variegati sono i contesti in cui si muovono le persone inquisite dal Santo Uffizio. La mobilità è invece uno dei concetti chiave del progetto FIRB 2008 (Oltre la guerra santa. La gestione del conflitto e il superamento dei confini culturali tra mondo cattolico e mondo islamico dal Mediterraneo agli spazi extraeuropei in età moderna: mediazioni, trasmissioni, conversioni -sec. XVI-XIX) nell’ambito del quale, Serena Di Nepi ha condotto interessanti ricerche sul rapporto Islam-Cristianità in un contesto privilegiato quale la città di Roma, dimostrando come in situazioni di conflitto, cristiani e musulmani attraversano le frontiere politiche e religiose, sperimentando i contatti sociali, scambi culturali, e le trasformazioni. La ricerca di Di Nepi sembra condurre a degli esiti imprevisti: il breve papale di Pio V (1566) sull’emancipazione degli schiavi battezzati che si presentano in Campidoglio presso il Tribunale dei Conservatori, fino a poco tempo fa considerato di dubbia attuazione, dalle ricerche in corso risulta al contrario, essere stato applicato. Insomma, un fronte di studi affascinante dove gli archivi inquisitoriali hanno un ruolo privilegiato. I progetti e le ricerche in cantiere, infatti, dimostrano come l’Inquisizione sia, ancora oggi, una miniera di informazioni preziosissime per rispondere alle nuove e sempre più approfondite domande di storici e studiosi.