Call for reactions: Storia e Storie al tempo del Coronavirus


Abstract: Stiamo davvero vivendo un tempo “speciale”, un passaggio d’epoca, una condizione che per la sua straordinarietà verrà – come si suol dire – ricordata nei libri di storia?
Cos’è un’epidemia? Che forme hanno lo spazio e il tempo in una condizione di “quarantena”, di “clausura”?
Come si vive, si lavora, si studia e si scrive, come ci si muove entro confini imposti?
Come cambia la percezione dei bisogni e della necessità, della salute e della malattia, delle libertà individuali e della responsabilità collettiva di fronte al rischio – alla paura – del contagio e alla consapevolezza della eccezionalità?

In questo spazio, in un momento così particolare, per una volta, vorremmo fare una cosa forse insolita per una rivista di storia: osservare il tempo attuale e i fenomeni che lo segnano attraverso sguardi obliqui e non per forza convergenti, allontanando e ravvicinando il punto di osservazione, condividendo interpretazioni, letture, esperienze e questioni di metodo che possano contribuire a riportare le inquietudini e le sollecitazioni del presente sul piano del confronto delle idee.

Call for reactions: Storia e Storie al tempo del Coronavirus

Umanesimo e spazi digitali. Quale futuro?

di Luca Adriani

 

Riflettere in generale, in un momento, per certi versi, così atipico come quello che stiamo vivendo a causa dell’emergenza Covid-19, consente di tracciare, in linea teorica, una prima analisi al fine di circoscrivere quelli che oggi sono i primi, ancora deboli, segnali di un profondo mutamento. Un esercizio di questo tipo non deve tuttavia avere come scopo quello di individuare, sin da subito, dei caratteri e delle manifestazioni, tutt’oggi, ancora opache. Al contrario, una riflessione generale può essere utile per porre sul tavolo della discussione alcune quesiti sorti in un clima eccezionale come questo. O meglio, il periodo che stiamo vivendo offre un ampio margine per pensare in che modo e secondo quali tempi sono emerse, sullo sfondo dell’emergenza Covid-19, alcune novità della società attuale.

In particolare, è bene invitare tanto gli storici quanto gli altri studiosi di scienze umane a considerare quali caratteristiche nuove possono emergere per la nostra disciplina di fronte a un evento di crisi come questo ma non solo. A causa di questa emergenza, tutt’ora in corso, si sono manifestati, a parere personale, alcuni elementi, che se fino a poco fa erano ancora sfocati, ora sono invece chiaramente più visibili.

È fuori dubbio che negli ultimi anni vi si stato un incremento effettivo, e qualitativo, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie anche per le nostre discipline. Le maggiori piattaforme di condivisione sul web hanno surclassato in maniera ormai evidente, e in modo abbastanza rapido, tutti i vecchi spazi tradizionali di comunicazione. Il dibattito pubblico, finanche politico e culturale, ha dovuto rielaborare tempi e modi del proprio lessico in relazione ai nuovi mezzi di comunicazione.

Ma non è questo l’oggetto della discussione che vorrei qui invece porre. Se infatti fino ad ora sono stati evidenziati e, al tempo stesso, analizzati gli effetti su larga scala dei nuovi media, ossia quanto questi abbiano influito sullo stile di vita di ciascuno di noi in generale, è bene riflettere anche del rapporto tra la tecnologia digitale e le scienze umane.

Considerata infatti la situazione in corso, la forzata “clausura” tra le mura domestiche, è di fatti aumentata, con ciò, l’interdipendenza tra l’insegnante, il singolo studioso e i nuovi media. Il rapporto che si è venuto a creare ovviamente non è nato a seguito dell’emergenza Covid-19. La nostra dipendenza dal web in generale è aumentata nel corso degli ultimi anni a fronte di un’offerta assai maggiore e alla portata di tutti. Di recente sono anche aumentati gli spazi che trattano di storia e delle altre discipline umane sui diversi e ormai noti social on line. Non solo. Grazie all’aumento della tecnologia sono oggi per esempio a disposizione di tutti, sul web, documenti che, ora digitalizzati, fino a poco tempo erano consultabili sono in loco. Si evince, da ciò, maggiore condivisione e, soprattutto, maggiore ricettività del destinatario.

Tuttavia l’unicità di questo periodo ha reso manifesto anche alcuni elementi che si celano dietro un rapido aumento di interdipendenza tra il digitale e noi. Al fine di fronteggiare un’emergenza di questo tipo, chiunque di noi è stato costretto, giocoforza, a incrementare l’utilizzo di nuovi spazi digitali per non sospendere ciò che prima dell’emergenza Covid-19 era abituato a svolgere. Anche ciò che fino a poco tempo fa poteva essere un fatto occasionale, come il caso di un acquisto on line, o la semplice ricerca sul web, è divenuto ora un’azione consuetudinaria alle altre attività abitualmente svolte da noi stessi nel quotidiano. Ovviamente anche il sistema scolastico e universitario ha dovuto fa fronte a un’emergenza di questa natura mettendo a disposizione degli studenti tutti gli strumenti tecnologici utili a proseguire e completare la didattica. Lo sviluppo della tecnologia ha reso possibile, come in questo caso, di porre rimedio a situazioni che in altri momenti avrebbero recato problematiche e impedimenti.

Ma l’incremento, da parte nostra, dell’utilizzo di sistemi digitali, o l’esclusivo utilizzo del web, genera interrogativi e riflessioni. In particolare, tale riferimento, porta a domandarsi in che modo una disciplina umanistica possa coabitare, da qui in avanti, con un sistema di questa natura. La domanda nasce dalla convinzione che da una fase critica come questa siano emerse alcune particolarità che non si esautoreranno con la fine dell’epidemia in corso.

Le discipline umanistiche infatti, mai come ora, si sono trovate così strettamente dipendenti dalla dimensione digitale. In un mondo, come quello attuale, in cui il ritmo della vita e lo spazio di condivisione sono formattati all’interno di uno schermo, in che modo il pensiero critico può trovare spazio in questa nuova dinamica? Sorge presto il dubbio che discipline quali la storia e la filosofia, possano trovare estrema difficoltà nell’inserirsi all’interno di formati digitali da consegnare al “consumatore”. È fondamentale iniziare a interrogarsi su domande di questo tipo. Il problema qui esposto non è infatti di natura transitoria. Anche dopo che l’emergenza, la “clausura” forzata, sarà terminata lezioni, conferenze e seminari in streaming potrebbero, non certo divenire norma, ma garantirsi un determinato spazio all’interno del mondo scolastico, accademico e culturale.

Nella società attuale non è solo il mondo del lavoro, l’azienda moderna e la sua disciplina interna che muta e si fa smart. È l’individuo stesso, la comunità, che adotta ritmi e modi certamente più consoni a un mero produttivismo commerciale. Il rischio, dunque, è quello che dietro a un rapporto sempre più reciproco tra cultura umanistica e tecnologia, il sapere critico si ridimensioni su basi nuove e secondo un modello adeguato, più che all’insegnamento filologico, alle esigenze del consumatore.

Nel momento in cui un contenuto scientifico si sposta all’interno del formato digitale necessita, per ovvie ragioni, di una impostazione del tutto differente da una di tipo tradizionale. È abbastanza ovvio che così come sono ora impostate, e pensate, una lezione in un’aula scolastica o universitaria, ma anche un semplice convegno, non possono essere riprodotte con le stesse modalità e gli stessi criteri in una seduta via streaming. Il trasferimento dell’insegnamento umanistico su una piattaforma digitale presente due ordini di problemi.

Nella nostra società, dove la forma, spesso, vale più della sostanza, il pericolo maggiore risiede, in prima istanza, in una possibile subalternità crescente del sapere critico allo spazio digitale e alla sua dimensione puramente tecnicistica e riduttiva. La “cultura” del risultato, del pragmatismo e di un’efficienza fine a se stessa, che già da tempo esercita un influsso sempre maggiore sulle nuove generazioni, può intaccare seriamente le fondamenta di una scienza, ossia quella umanistica, che, nonostante tutto, è ancora oggi avulsa da strutture mentali di questo tipo. La trasmissione del sapere, attraverso l’utilizzo di video, può venire meno alla sua funzione primaria che è quella del confronto e della discussione per andare incontro invece a un’asettica divulgazione tra mittente e destinatario da “consumarsi” entro date prestabilite. Nelle scienze umane il pericolo è assai maggiore poiché, con tali strumenti, si giunge facilmente a un limitato nozionismo. Una lezione di storia o di geografia può così correre il rischio di essere deformata e inserita dentro uno schema riduttivo e di mera fruizione.

Ovviamente, come accennato nelle precedenti righe, una questione di questo genere non è emersa solo ora e a causa dell’emergenza Covid-19. Sono ormai diversi anni che molti studiosi, non solo quelli delle scienze umane, utilizzano i nuovi media e spazi virtuali come strumento divulgativo e informatico. Difatti l’altro problema che si pone, riguarda in questo caso l’utente.

Senza dubbio, attualmente, grazie al web c’è sia una maggiore disponibilità di contenuti divulgativi, sia una maggiore fruibilità da parte dell’utente che intende usufruire di un prodotto. La cultura, in generale, ha così compiuto decisivi passi in avanti verso un sistema sicuramente più flessibile e democratico. Tuttavia se, fino ad ora, il modo virtuale del sapere convive con quello scolastico e accademico in modo armonico, non è da escludere, in futuro, la prevalenza del virtuale rispetto a quello tradizionale. Non è per nulla utopistico immaginare che a termine dell’epidemia che tutt’ora ci costringe a rimanere in casa, così come verrà privilegiato lo smart working, verrà maggiormente invogliato l’insegnamento e lo studio da casa. È opportuno quindi cercare di individuare, almeno in linea teorica, delle forme che può assumere una novità di questo tipo.

Se per quanto riguarda un insegnante, di ogni ordine e grado, il rischio, ipotizzato, è quello di consegnare, attraverso un video, un contenuto puramente asettico e nozionistico, il pericolo maggiore lo corre soprattutto colui che da casa usufruisce di tale prodotto. L’apprendimento sotto questa forma può creare nello studente sia una ricettività passiva sia un disorientamento sociale e culturale. Infatti, il rischio maggiore è che con un incremento dell’utilizzo di sistemi digitali, da parte del sistema scolastico e universitario, sbiadisca, per lo studente, la linea di confine che separa la figura dell’insegnante da un qualsiasi altro divulgatore. Potrebbe venire meno, nello specifico, quella base di rapporti che si crea, tra allievo e maestro, esclusivamente all’interno di uno spazio fisico. Viene a mancare, con ciò, un tassello fondamentale per la crescita di un individuo all’interno di una comunità con doveri e princìpi definiti. La figura dell’insegnante, attraverso il video, tenderà ad appiattirsi e ad avere le stesse caratteristiche di un qualsiasi altro divulgatore non specializzato presente ora sul web. Sarà in grado uno studente, da casa, di recepire gli stessi stimoli che nascono e si sviluppano esclusivamente all’interno di una scuola o di una università?

Ovviamente la finalità di questo contributo è esclusivamente quella di porre una serie di quesiti per approfondire dei temi che, seppur palesati in un momento così eccezionale, sono comunque maturati negli ultimi anni.

Questo testo termina con la consapevolezza che tutto quello qui esposto può e deve avere senz’altro un’altra chiave di lettura per favorire una giusta e naturale discussione volta a comprendere in che modo evolverà la cultura umanistica con la tecnologia del presente e dell’immediato futuro.

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