Ancora sui Norsa, Mantova e la chiesa della Madonna della Vittoria (secc. XIV-XV)


Abstract: La vicenda del ramo mantovano dei Norsa viene qui parzialmente ripercorsa per il periodo intercorrente tra il XIV e il XV secolo. Essa si snoda, come quella di molti altri nuclei mosaici, a partire dai primi spostamenti dall’Italia centrale verso il Nord della penisola: da Ancona a Rimini, a Padova, a Mantova, a Ferrara ed oltre. Analogamente a quanto verificatosi per molti protagonisti dell’ebraismo nazionale l’occasione del suo insediamento nei vari proto-stati italiani era costituita dall’esercizio della mercanzia e della fenerazione, dove quest’ultima costituiva la carta legittimante dell’insediamento di nuclei israeliti all’interno della società cristiana. L’attività dei molti banchi di cui i vari membri della famiglia furono titolari, o soci, sono in qualche modo espressione del loro rilievo economico e sociale, almeno se dobbiamo giudicare dalla qualità dei proprietari, dalle loro relazioni con la società politica cristiana e dal valore dei pegni che gestirono. I documenti di archivio mantovani (ma si potrebbero citare anche quelli ferraresi) indicano con chiarezza che il gruppo riuscì a gestire politicamente “amicizie asimmetriche” e, appunto, a creare solidi e durevoli legami con il potere costituito. Il tardo Quattrocento tuttavia li vede in un momento di difficoltà. Daniele di Leone, trasferitosi nella capitale gonzaghesca, acquistò una casa da una cristiana da cui abrase un’immagine che ne ornava un muro esterno. Incorse pertanto nell’ira - tardiva - di Francesco Gonzaga che prima si propose di multarlo, e poi confiscò l’edificio. Al suo posto fece costruire una chiesa, a celebrazione della vittoria di Fornovo. All’interno un quadro del Mantegna, ora di proprietà del Louvre, ritrae Francesco Gonzaga inginocchiato accanto alla Vergine e a due santi guerrieri. L’episodio oggetto, già nell’Ottocento, di un’accurata analisi documentaria, è stato successivamente collocato al cuore di due famosi saggi da Michele Luzzati e da Salvatore Settis. Il presente contributo, che utilizza fonti conservate presso gli archivi di Mantova e di Padova, si conclude con la analisi di alcuni episodi, in apparenza epifenomeni, che vorrebbero contribuire a gettare un altro poco di luce sulla vicenda e sui suoi protagonisti.

Ancora sui Norsa, Mantova e la chiesa della Madonna della Vittoria (secc. XIV-XV)

di Marina Romani

Premessa

Il legame tra Mantova e i Norsa, famiglia prolifica, di ramificazioni molteplici e cosmopolite, si protrasse lungo i secoli, dal basso Medioevo fino all’età contemporanea. In quest’ultimo periodo, prima che la Comunità virgiliana si sfaldasse a vantaggio di quella milanese, è solidamente testimoniata anche una sorta di colonizzazione demografica. Un censimento operato nel 1821 per conto del governo asburgico indicava infatti che su una popolazione complessiva di 1925 persone esistevano 336 individui, pari ad oltre il 17% degli abitanti di etnia ebraica, che di cognome facevano Finzi oppure Norsa. I 171 Norsa, con una sola eccezione, erano nati a Mantova. In questo saggio viene ricostruita parte della loro storia, dalle origini alla fine del XV secolo.

 

Ancona, Roma, Rimini, Padova 

Nel tuttora fondamentale studio sull’omonima famiglia Paolo Norsa segnala come gli interessi economici di Norsa e Finzi si saldino almeno dal secondo Trecento, convergano sulla Padova dei Carraresi e si diramino nel Mantovano, ed oltre. Manuele di Gennatano, la persona cui è ricondotto l’inizio del radicamento virgiliano della famiglia, è ricordato in una scrittura notarile patavina del 1369 come ebreo di Roma. Rimini, dove Manuele era detto risiedere, costituiva la tappa di un percorso più lungo, che sappiamo comprendere Ancona; resta invece indefinito il legame con Norcia. Intorno agli anni Venti del XV secolo i suoi  figli e figliastri, conosciuti come da Norsa, continuavano a vivere nella città malatestiana. La presenza di ebrei riminesi e marchigiani in società commerciali, o di banco, sorte nel Mantovano dalla fine del Trecento è abbastanza frequente e potrebbe essere giustificata, oltre che dagli usuali vincoli di parentela e di affari che si intrecciavano all’interno del mondo mosaico, anche dalla saldezza dei legami istituzionali, e di sangue, esistenti tra le signorie delle due città. Margherita Malatesta era infatti la seconda moglie di Francesco I Gonzaga; suo fratello Carlo, signore di Rimini, fu vicario di Mantova nel 1407, e tutore del loro figlio, Gian Francesco. Quest’ultimo, a propria volta, sposò Paola, figlia di Malatesta Malatesta, signore di Fano, e fratello di Carlo e Margherita. È possibile, come si verificò per Ferrara, che, anche in questo caso, il canale e gli interessi signorili abbiano costituito un tramite per la creazione, o il consolidamento, di connessioni economiche o parentali tra i gruppi ebraici legati a queste realtà protostatuali ed alle loro signorie.

 

 

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Chiesa di Santa Maria della Vittoria

 

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Le chiese di San Simone e di Santa Maria della Vittoria (già abitazione di Daniele Norsa)

 
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