Escape from Colditz



Abstract:

A quasi tutti sarà capitato di vedere, almeno una volta per caso, il film La Grande Fuga. Diretto da John Sturges e con l’indimenticabile personaggio interpretato da Steve McQueen, il film tratta di un gruppo si soldati inglesi e americani prigionieri in un campo di concentramento nazista di massima sicurezza durante il 1944 e dei loro tentativi di evasione. In particolare, alcuni dei protagonisti riusciranno a fuggire attraverso la realizzazione di un lungo tunnel sotterraneo, costruito tra mille vicissitudini e dopo diversi fallimenti. Il film è incredibilmente appassionante ancora oggi e molte scene lasciano con il fiato sospeso. Lo stesso genere, quello degli Escape movies, ha poi conosciuto altri capolavori come Le ali della libertà e Fuga da Alcatraz, fino ai recenti e più scanzonati Escape Plan, il cui successo è riscontrabile anche nella realizzazione di ben due sequel.

A questo filone appartiene anche il gioco da tavolo, Escape from Colditz. A differenza delle opere di fantasia citate in precedenza, la peculiarità di questo gioco è il basarsi su una storia vera. Il gioco infatti si ispira all’esperienza vissuta dal maggiore dell’esercito britannico Patrick Robert Reid, prigioniero a Colditz tra il 1940 e il 1942.

 

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A seguito dell’invasione tedesca della Francia, Reid fu catturato e mandato al castello di Laufen. Qui iniziò subito a pianificare la fuga e costruì un tunnel di 7 metri, dalla cantina della prigione a una casa vicina. Con 5 compagni riuscì a rifugiarsi in Jugoslavia, dove fu però catturato nuovamente 5 giorni dopo. Per questa ragione fu trasferito al castello di Colditz, considerato una prigione “a prova di evasione”. Il primo tentativo di fuga infatti, a seguito della corruzione di una guardia e del passaggio da una tubatura della fogna, andò male e Reid si ritrovò in isolamento. Questo però gli valse la nomina a escape officer, responsabile di gestire i tentativi di fuga tra i prigionieri inglesi. Questa pratica serviva a impedire fughe destinate al fallimento e a non ostacolarsi a vicenda con piani diversi. Segando le sbarre di una finestra e muovendosi furtivamente, Reid riuscì a fuggire da Colditz nell’ottobre del ’42. All’esterno della prigione si finse un lavoratore fiammingo e si rifugiò in Svizzera, dove rimase fino alla fine della guerra lavorando per l’MI6 (i servizi segreti britannici) aiutando i rifugiati in fuga.

Dalle sue rocambolesche vicende sono stati tratti film, serie televisive e il gioco di cui scrivo, pubblicato per la prima volta nel 1973. Lo stesso Reid è stato coinvolto nella sua realizzazione, aiutando nella ricostruzione della mappa e nella narrazione dei dettagli della vita a Colditz. In questo gioco ogni giocatore gestirà un gruppo di prigionieri di guerra (prisoners of war, POWS) di colore diverso, di cui sarà l’escape officer, il cui numero è variabile in base al numero di giocatori, per un massimo di 6. Informalmente, a ogni colore possiamo far corrispondere una nazionalità: americani, russi, francesi, olandesi e così via. I giocatori muovono le proprie pedine su una mappa del castello di Colditz e dell’area circostante. Un giocatore, invece, interpreta il comandante del campo di prigionia e gestisce una serie di pedine nere che rappresentano le guardie. La mappa è molto dettagliata e gli spazi sono divisi in tanti piccoli cerchi su cui si può piazzare una pedina alla volta. Tutti i POWS partono dal centro del cortile interno, dove si trovano per l’appello del mattino. A quel punto ogni giocatore nel suo turno tira due dadi e il risultato indica di quanto poter muovere le sue pedine. Ad esempio, tiro un 6 e un 4: dispongo di 10 punti movimento da distribuire come voglio tra i miei personaggi.

I giocatori si possono muovere liberamente nel cortile interno e nelle stanze dove lavoravano i prigionieri come la cantina, la lavanderia, ecc. Qui hanno l’opportunità di raccogliere oggetti come corde, tronchesi, chiavi, che possono usare per i loro tentativi di fuga. Tuttavia, se una guardia, mossa nello stesso modo dal comandante del campo nel corso del suo turno, dovesse trovare un prigioniero in una zona proibita, questo viene arrestato e mandato in isolamento, e i suoi oggetti sono confiscati. I modi per fuggire sono diversi: dal classico tunnel, che può essere costruito in due punti diversi, al taglio del filo spinato, alla fuga rubando l’auto del comandante, i giocatori sono liberi di scegliere la loro strategia e anche di collaborare fuggendo insieme o scambiandosi oggetti. Vince, tuttavia, il primo a riuscire a far evadere due dei propri prigionieri. Il comandante vince, in alternativa, se si raggiunge il limite di turni impostato a fine partita senza che abbia vinto un altro giocatore.

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La tensione al tavolo è alta, soprattutto nei primi turni in cui si cerca di capire come si muoverà il comandante e quanto si possa “osare” nel rubare gli oggetti nelle varie stanze. Il gioco, inoltre, migliora molto se si aggiungono le numerose “house rules” e le carte extra che si possono trovare online nella pagina dedicata sul sito https://boardgamegeek.com/boardgame/715/escape-colditz. Queste di solito ricreano molti dettagli immersivi come l’utilizzo dei cani per cercare i prigionieri o nuovi eventi casuali. Anche nonostante questi accorgimenti, tuttavia, si vede che la concezione delle regole risale al 1973. Il sistema dei dadi rende lenti i movimenti e una partita deve durare almeno 30 turni, in alcuni dei quali i giocatori si limitano a fare solo qualche passo. Se i giocatori non cooperano o si perdono nell’analisi dei possibili percorsi, inoltre, una partita può essere incredibilmente lunga. Si consiglia di giocare in modo spensierato, pensando all’ambientazione piuttosto che alle meccaniche e alla competizione con gli altri prigionieri.

Un’ultima menzione la merita l’incredibile edizione realizzata per il 75esimo anniversario della fuga del maggiore Reid, ancora oggi disponibile in commercio. Questa voluminosa scatola contiene, oltre ai componenti di gioco il cui design è stato pesantemente rivisto per adeguarlo ai tempi, anche documenti accessori come articoli di giornale in tedesco e appunti dei prigionieri. Tali accorgimenti non fanno altro che aumentare la forza dell’ambientazione. La piccola scatola contenente le carte di gioco, ad esempio, è realizzata come un pacchetto della Croce Rossa, e così via. Inoltre, oltre al libretto delle regole è stato aggiunto un fascicolo con la vera storia di Colditz e della fuga di Reid. Nonostante l’età, insomma, giocare a Escape from Colditz rimane comunque un’esperienza piacevole e interessante, che beneficia molto della flessibilità dei giocatori al tavolo nell’accettare house rules e accorgimenti per facilitare lo scorrimento.