N° 33/2020 – Percorsi individuali e identità collettive nella storia

N° 33/2020 – Percorsi individuali e identità collettive nella storia

Abstract:

La chiave che trasversalmente può racchiudere in una cifra unitaria i saggi proposti in questo numero della rivista è: Percorsi individuali e identità collettive nella storia. Al centro del contributo di Edoardo Angione c’è il percorso individuale di Sigismondo Donati. L’autore ne esamina la missione svolta in qualità di nunzio pontificio a Venezia, nell’ultima fase del papato di Paolo V Borghese (1618-1621).

Nel contempo, l’azione diplomatica espletata da Donati coinvolse apparati politico-militari e contesti culturali di grandi dimensioni. Da un lato, l’esperienza di Donati nella Serenissima si inscrisse nell’ambito della complessa congiuntura delle relazioni tra Venezia e Roma, prodotta dall’Interdetto. Dall’altro, i rapporti tra Repubblica di San Marco e Santa Sede in quella fase, come evidenziato dall’essenziale attività informativa compiuta dal nunzio pontificio, si intrecciarono sia con le prime battute della Guerra dei Trent’anni, sia con i coevi problemi verificatisi per i notevoli interessi commerciali veneziani nell’Impero ottomano.

Nel segno di una strettissima interrelazione tra parabole individuali e dinamiche collettive, secondo una logica di profondo mutamento, si colloca il saggio di Alessandro Guerra, che propone un ampio affresco del dinamico e composito mondo dell’associazionismo politico nella Francia rivoluzionaria del 1789. In primo luogo, l’associazionismo popolare costituì un vero e proprio laboratorio sia per la partecipazione alla vita politica delle masse sia per l’emancipazione femminile. In secondo luogo, i club politici divennero lo spazio deputato all’apprendistato dei più importanti esponenti della classe dirigente rivoluzionaria francese.

Nel contempo, l’associazionismo popolare agì come motore attivo della rivoluzione, prima in contrasto alle istanze moderate e conservatrici dell’Assemblea Nazionale Costituente, poi a sostegno dei giacobini e della radicalità rivoluzionaria, finché lo stesso Terrore non impose la chiusura dei club femminili e la normalizzazione di quelli maschili. Nonostante tale impasse, l’associazionismo tentò per l’ultima volta, nella nuova fase “moderata” del Direttorio, di rianimare – anche se invano – la rivoluzione radicale attraverso la Congiura degli Eguali, orchestrata da Gracco Babeuf e Filippo Buonarroti.

Anche Catia Papa, nel saggio dedicato alla biografia intellettuale dell’illustre orientalista Virginia De Bosis, tiene insieme la dimensione individuale e quella collettiva. Sotto il primo profilo, l’autrice si sofferma sul viaggio in Egitto del 1910, durante il quale Virginia De Bosis maturò piena consapevolezza della passione per la cultura araba-islamica, sviluppando sull’alterità orientale una percezione elitaria e uno sguardo profondo, arricchito dalle quotidiane frequentazioni avute in loco con orientalisti italiani del calibro di Carlo Alfonso Nallino, Gerardo Meloni e il giovane Giorgio Levi della Vida.

Tale esperienza avrebbe lasciato un’impronta profonda nel successivo percorso di studi e di ricerche, condotte da Virginia De Bosis, nel seno dell’orientalismo italiano proprio a partire dalla collaborazione, iniziata nel 1921, su «Oriente moderno», la prestigiosa rivista dell’Istituto per l’Oriente di Roma appena fondata da Nallino.

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