Francesco Paolo De Ceglia, Vampyr. Storia naturale della resurrezione (Einaudi, 2023)

Francesco Paolo De Ceglia, Vampyr. Storia naturale della resurrezione (Einaudi, 2023)


Francesco Paolo De Ceglia, Vampyr. Storia naturale della resurrezione (Einaudi, 2023)
Abstract:

Un filo rosso unisce la lunga stagione della persecuzione della stregoneria diabolica al timore dei vampiri, dei ritornanti, o delle numerose varianti territoriali di cui il volume di Francesco Paolo De Ceglia dá ampiamente conto, in una densa ricostruzione che indaga un arco cronologico lungo, affondando le sue radici fin nell’Alto Medioevo. De Ceglia accompagna il lettore in un viaggio che dalla Grecia all’Islanda attraversa il folklore, la superstizione, la teologia cattolica e protestante, fino a giungere alla pubblicistica dell’Età dei Lumi, la cui ricezione riguardava ormai un pubblico sempre più vasto di lettori avidi non solo di informazioni, ma anche di prender parte ai grandi dibattiti dell’epoca, come negli ultimi anni ha dimostrato Pasquale Palmieri con i suoi studi sulla pubblicistica processuale e sulle figure carismatiche come il conte di Cagliostro. Nel 1732 diversi periodici diffusero notizie in tutta Europa sulle oscure vicende accadute alle periferie dell’impero austroungarico, dove nacque e si diffuse la prima grande epidemia vampirica.

Il viaggio prosegue poi con la letteratura ottocentesca, da Stoker a Poe, cogliendo anche suggestioni artistiche come quelle riferite al Goya della pintura negra, che raffigura un gigantesco pipistrello umanizzato che strappa brandelli di carne a morsi, per giungere infine agli ultimi romanzi di successo, tra i quali occorre almeno ricordare Parti in fretta e non tornare di Fred Vargas, dedicato proprio agli episodi del 1732. L’ampiezza del volume e la circolazione di alcuni temi che, pur seguendo una partizione argomentativa precisa, ritornano più volte nel testo, ricordano in qualche modo la struttura narrativa de Il ramo d’Oro di James Frazer, anche per lo stile di scrittura di cui si dirà a breve. D’altra parte la ricerca di De Ceglia si fonda sui più solidi studi etno-antropologici sull’argomento, da Paul Barber a Vito Teti, da Massimo Introvigne a Tommaso Braccini (per ricordare perlomeno alcuni dei più noti in lingua italiana), oltre all’uso frequente della produzione teologica quattro-seicentesca che va dal Malleus Maleficarum di Heinrich Kramer e Jacob Sprenger (in realtà quasi certamente scritto dal solo Kramer, come dimostrato da diversi studi tra cui quello di Andrea Del Col sull’Inquisizione in Italia) alle Disquisitionum magicarum di Martin Del Rio, passando per la demonologia cinquecentesca di area protestante. 

A proposito dello stile di scrittura, sovente dimenticato quale criterio di valutazione di un volume, si può affermare che l’autore appartenga a una nuova generazione di storici che usa l’erudizione con gusto e fascino, intrattenendo il lettore con l’utilizzo frequente di brani estratti da testi di varie epoche, commentati con uno stile spesso divertito e compiaciuto, che accompagna una lettura che altrimenti potrebbe rivelarsi non alla portata di tutti. Il volume infatti mostra la complessità del tema attraverso il ricorso a diverse competenze e discipline, quali ovviamente la storia e l’antropologia, ma anche la slavistica, l’etnografia, la letteratura. Intersezioni disciplinari d’altronde assolutamente necessarie, come peraltro ampiamente dimostrato dai tanti studi di Carlo Ginzburg, su cui De Ceglia fonda non poche delle sue osservazioni, ivi comprese le analogie tra vampiri e lupi mannari, creature liminali che entrano nella narrazione come trait d’union tra le diverse tradizioni folkloriche.

Ma ad aleggiare inevitabilmente su tutto il volume è il tema della morte; temuta e osteggiata in vita, ma altrettanto temuto il ritorno da essa. Il revenant non sceglie di tornare, egli è per lo più un predestinato, non un volontario adepto come nel caso delle streghe; non si tratta dunque di un culto demoniaco consapevole, quanto piuttosto di un’infezione a cui erano destinati soggetti marginali, che avrebbero poi scatenato l’epidemia. Una differenza di non poco conto, che relativamente alla definizione eresiologica della stregoneria avrebbe avuto notevole peso, distinguendo tra l’adesione volontaria al culto del demonio e l’inganno da esso esercitato. Tuttavia tra le tante analogie possibili con l’universo stregonesco ci sarebbe, ancora una volta, l’instabilità emotiva delle donne, la melanconia umorale che le avrebbe rese agli occhi dei giudici prede del demonio, e facili al ritorno dalla morte. Un ritorno da scongiurare ad ogni costo, spesso tramite espedienti apotropaici, quali il disporre il corpo del defunto a pancia in giù nella bara, o rivolgendo i piedi verso l’uscita dalla casa nel trasporto post-mortem, avendo cura talvolta di sigillare accuratamente la porta. La morte è dunque il luogo da cui ritornare con fini persecutori, ed è nei rituali di purificazione che spesso si fonda la soluzione. Nutrirsi di parti del corpo ridotte in cenere è una delle tante possibili strategie, un rituale che richiama gli studi tradizionali sul cannibalismo di Marvin Harris come le più recenti indagini di Angelica Montanari. Ma tra tutti è il fuoco, inteso come elemento simbolico e materiale, che assume notevole importanza. Le fiamme, oltre ad accompagnare i mestieri ritenuti più simbolicamente vicini agli inferi – come segnalato da tanti autori che hanno indagato la società medievale quali Michel Pastoreau, Jacques Le Goff e Richard Kieckhefer – divengono in Età dei Lumi imprescindibile elemento per sconfiggere gli agenti patogeni, per poi giungere nel tardo Ottocento al diffondersi della cremazione non solo come pratica igienica ma anche come terreno di sfida alla Chiesa sull’incorruttibilità del corpo, altro tema che nel volume emerge con forza. Il corpo incorrotto, segno del male come del bene, poiché vampiri e santi condividono la stessa sorte. A distinguerli interviene il senso dell’olfatto, che riconosce da un lato l’olezzo infernale, dall’altro l’osmogenesi della santità, tema recentemente affrontato da Stefano Daniele ne I demoni di Napoli, curato dallo stesso De Ceglia insieme a Pier Roberto Scaramella. Il confine tra naturale e soprannaturale, esplorato nel volume, ricorre ovviamente anche in Vampyr, ne è anzi forse una delle chiavi di lettura più efficaci. La superstizione del popolo terrorizzato dai ritornanti si scontra con i tentativi dei numerosi medici inviati sul campo per appurare l’eventuale veridicità dei fatti, riproponendo la dualità conflittuale tra magia e scienza tanto cara alla letteratura cinque-seicentesca.

E la Chiesa? Altro terreno di conflitto e distinzione che viene analizzato è il differente approccio delle chiese ortodossa e protestante rispetto alla cattolica, che non sembra temere il ritorno dei morti. Anche il tentativo di coinvolgere il tribunale dell’Inquisizione non sortisce effetto, anzi i vescovi delle diocesi interessate non gradiscono affatto la potenziale ingerenza romana, anche in questo caso evidenziando un tema consueto dell’età moderna relativamente ai conflitti di competenza tra centro e periferie, tra vescovi e inquisizione, tra poteri laici ed ecclesiastici.

Il lavoro di De Ceglia esplora dunque un mondo vasto e affascinante, dimostrando quanto la ricerca scientifica in tal senso sia ancora feconda. Vampyr è un crocevia di temi e discipline impegnativo e godibile al tempo stesso. La recente mole di interviste e recensioni dá conto sia del successo editoriale, sia della chance che ancora possiede la Storia di far breccia in un pubblico vasto. E questa è certamente una buona notizia per tutti.