Annarosa Mattei, La regina che amava la libertà. La storia di Cristina di Svezia dal Nord Europa alla Roma barocca (Salani, 2023)

Annarosa Mattei, La regina che amava la libertà. La storia di Cristina di Svezia dal Nord Europa alla Roma barocca (Salani, 2023)


Abstract:

Il libro di Annarosa Mattei La regina che amava la libertà. Storia di Cristina di Svezia dal Nord Europa alla Roma barocca (Milano, Salani Editore, 2023) si inserisce nel filone letterario biografico dedicato alla regina Cristina di Svezia (1626-1689) e contribuisce positivamente a rinfocolare l’attenzione e la curiosità per questa figura, singolare protagonista del secolo XVII.

L’autrice narra integralmente la vita della regina, descrivendone le tappe fondamentali che, spesso, corrisposero anche a momenti di rilievo del secolo nel quale la sovrana visse.

 Cristina divenne regina di Svezia a seguito della prematura morte del padre, il re Gustavo II Adolfo detto il Grande, avvenuta nel 1632 sul campo di battaglia di Lützen, durante la guerra dei Trent’anni (1618-1648). Il sovrano fu uno dei campioni del protestantesimo seicentesco e condusse un vasto programma interno di riforme volto a modernizzare il paese, coadiuvato dal suo cancelliere Axel Oxenstierna (si veda in proposito Oskar Garstein, Rome and the Counter-Reformation in Scandinavia: The Age of Gustavus Adolphus and Queen Christina of Sweden 1622-1656, Leiden, Brill, 1992). Grazie alla loro opera, la nazione nordica si affacciò gloriosamente sul contesto internazionale e, nel giro di qualche decennio, diventò “la grande Svezia” (un’ottima analisi si ritrova in Paul Douglas Lockhart, Sweden in the Seventeenth Century, New York, Palgrave Macmillan, 2004; Henrik O. Lunde, A Warrior Dynasty: The Rise and Fall of Sweden as a Military Superpower, 1611-1721, Casemate, USA, 2014).

Gustavo II Adolfo, prima di partire per la guerra, aveva lasciato delle direttive precise sull’educazione da impartire alla figlia, che doveva essere cresciuta come un maschio. Così, Cristina ricevette una formazione, appunto, virile e vi aderì compiutamente, arrivando a vestire abiti di foggia maschile e a fare pubblica professione di disprezzo per tutto ciò che fosse ritenuto tipicamente femminile. Fu incoronata in qualità di “re” e regnò fino al 1654, anno in cui decise di abdicare per poi convertirsi al cattolicesimo e lasciare la Svezia alla volta dell’Italia. Nel 1655, fu accolta con tutti gli onori a Roma da papa Alessandro VII, per il quale la conversione dal luteranesimo al cattolicesimo di una regina, nel clima acceso della Controriforma, rappresentava una clamorosa occasione di propaganda.

La sovrana si stabilì a Roma definitivamente negli anni Sessanta del Seicento e fino a quel momento visse un’esistenza rutilante, tra la Francia, l’Italia e alcune sortite nel Nord Europa per tentare di recuperare il suo trono. Morì nel 1689, lasciando la sua ricchissima biblioteca, la cui sezione manoscritta è integralmente conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.    

 L’esistenza di Cristina di Svezia suscitò stupore e continua curiosità e perciò le prime opere biografiche dedicate alla sua persona risalgono già al suo secolo e sono a lei contemporanee. Una delle primissime è quella di Galeazzo Gualdo Priorato, Historia della sacra real maestà di Cristina Alessandra regina di Svezia (Roma, 1656), pubblicata subito dopo l’arrivo della regina in Italia. Essa funse da modello per le successive opere biografiche, offrendo una spiegazione per l’abdicazione, cioè la conversione al cattolicesimo, che fu spesso riproposta nei secoli a venire. Una recente analisi di quest’opera è offerta da Stefano Fogelberg Rota, Cristina di Svezia eroina nella Historia di Galeazzo Gualdo Priorato del 1656, in La res publica di Galeazzo Gualdo Priorato (1606-1678) Storiografia, notizie, letteratura a cura di Alessandro Metlica ed Enrico Zucchi (Quaderni Veneti. Studi e ricerche 6, Venezia, Edizioni Ca’Foscari, Venice University Press, 2022).

Una voce prestigiosa sulla vita di Cristina fu lei stessa: infatti, la regina scrisse un’autobiografia in lingua francese (tradotta in italiano, La vita scritta da lei stessa, Napoli, Cronopio, 1998), lasciata presumibilmente incompiuta, dove raccontò la sua infanzia. Vi formulò, inoltre, alcune considerazioni su sé stessa e sull’incapacità delle donne di poter regnare, sebbene avesse provato a reinstallarsi su un trono per buona parte della sua esistenza (si veda in proposito anche Dorota Gregorowicz, The ‘Obstacle of Sex’. Christina of Sweden and Her Aspirations to the Polish-Lithuanian Throne, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/1468-0424.12587, ultimo accesso 18/01/2024).

 Johan Arckenholtz pubblicò, tra il 1751 e il 1760, una monumentale opera in ben quattro tomi su Cristina di Svezia, Mémoires concernant Christine, reine de Suède pour servir d’éclaircissement à l’histoire de son régne et principalement de sa vie privée, et aux événements de son temps civil et littéraire (4 voll., Lipsia e Amsterdam, 1751-60). Essa costituisce ancora oggi una preziosa fonte secondaria biografica e storiografica, corredata da una cospicua quantità di documenti trascritti come epistole, decreti reali svedesi, le produzioni letterarie della regina e molto altro.

L’interesse per Cristina non si è mai spento e, tra il secolo XIX e XX, sono state realizzate altre narrazioni biografiche che ne hanno mantenuta viva la memoria e ne hanno rilevato ulteriormente la straordinarietà nel contesto seicentesco, esplorandone lati intimi e, insieme, politici, come Carl Bildt nel 1899 (Christine de Suède et le Cardinal Azzolino) o tentando di delinearne un disegno unitario, come Alfred Neumann nel 1936 (La reine Christine de Suède 1626-1689).

In ambito svedese, a metà del ’900, sono comparsi due lavori biografici scientifici e tradotti anche in inglese: Christina of Sweden – Drottning Christina studier och forskningar in originale (Stockholm, 1966) di Curt Weibull e Christina of Sweden (New York, MacMillan, 1966) di Sven Stolpe.

Nel 1979, Jeanne Bignami Odier e Giorgio Morelli hanno curato una edizione di un libro del 1697 – quindi uscito dopo la morte della regina, avvenuta nel 1689 – Historia degli intrighi galanti della Regina Cristina di Svezia e della sua corte durante il di lei soggiorno a Roma (Roma, Palombi, 1979)di un cosiddetto “Anonimo del ‘600”, non un’opera completamente attendibile ma sicuramente emblematica della fama della sovrana e anche indicativa dell’effervescenza del contesto romano a lei contemporaneo. Di Jeanne Bignami Odier si ricorda anche Christiniana (in «Mélanges d’archéologie et d’histoire», 80-1968, pp. 705-747), una panoramica generale sulle opere dedicate nei secoli a Cristina.

Nel 1985, è tradotta in italiano e pubblicata in Italia la biografia di Bernard Quilliet Cristina regina di Svezia (Milano, Mursia, 1985).

Nel 2006, esce in Italia Cristina Regina di Svezia. La vita tempestosa di un’europea eccentrica (Milano, Mondadori, 2006) di Veronica Buckley, un’ottima opera divulgativa provvista di un’ampia bibliografia.

 Nel 2008, Marie-Louise Rodén, storica svedese e una delle più grandi studiose della figura di Cristina, ha pubblicato Drottning Christina: en biografi, (Stockholm, 2008), avendole dedicato già molti altri studi.

Annarosa Mattei definisce Cristina “la regina che amava la libertà” e utilizza questa chiave di lettura – della libertà – per ricordare ancora una volta la straordinarietà di tale personaggio.

È vero che Cristina amasse la libertà. Scelse di vivere travalicando gli schemi tradizionali e le usanze ben radicate del suo secolo. Indubbiamente, in un contesto come quello delle guerre di religione, della Controriforma ma anche dei prodromi dell’Illuminismo, la figura della sovrana svedese può rivelarsi emblematica delle contraddizioni e dei fermenti che attraversarono tutto il secolo XVII.

L’autrice si sofferma su alcuni elementi cardine del personaggio, ricordando la vasta educazione da lei ricevuta e rammentando che negli anni «in cui governò Cristina si prodigò per trasformare Stoccolma in un centro culturale, l’“Atene del Nord” (…)» (p. 111). Si recarono presso la corte svedese moltissimi intellettuali, tra i quali anche il filosofo francese Cartesio che, oltretutto, vi trovò la morte nel febbraio del 1650. La sovrana diventò una donna coltissima e si innamorò della cultura classica. Ma è a Roma che «la sua complessa e molteplice natura ebbe modo di manifestarsi pienamente nella radicale, innata libertà interiore che le fu propria ogni giorno della vita» (p. 21) e «supponeva di poter essere riconosciuta nel ruolo di protagonista assoluta della politica e della cultura». (p. 20).

Nel 1654, Cristina compì un gesto eclatante, l’abdicazione, e lo fece seguire da un atto scandaloso, la conversione. Poi, quasi fuggì dalla Svezia. Giunse in Italia, accolta grandiosamente dal papa e strinse un rapporto molto forte con il cardinale Decio Azzolino, potente prelato e stratega politico. Dagli anni Sessanta, la regina aprì, di fatto, una vera e propria corte nel Palazzo Riario (oggi Corsini alla Lungara). Frequentò personaggi curiosi come il marchese Massimiliano Savelli Palombara. Fu la proprietaria di una ricchissima collezione libraria che continuò a far accrescere negli anni e che aprì alla consultazione, una volta allestita definitivamente nella sua dimora romana. Quando morì nel 1689, fu seppellita nelle Grotte Vaticane della basilica di San Pietro, divenendo una delle poche donne ad essere lì ospitate.

Cristina aveva rifiutato di sposarsi, aveva rifiutato l’idea di diventare madre. Era stata la figlia di un campione del luteranesimo, padre da lei amatissimo, ma si convertì al cattolicesimo. Si guadagnò però una consistente fama come miscredente. Suscitò interesse, curiosità, addirittura riprovazione quando decise di far giustiziare un suo cortigiano (il cosiddetto “delitto di Fontainebleau” del 1657 in territorio francese) pur non essendo più formalmente una regina. Fu una donna fuori dalla norma che condusse un’esistenza contraria a qualsiasi dettame sulla femminilità tradizionale dell’epoca. Le sue scelte, i suoi modelli maschili, il suo sconfinato amore per la cultura, i suoi grandi rifiuti, la sua temerarietà costituiscono per Annarosa Mattei le prove tangibili di una vita meritevole di essere nuovamente narrata. L’autrice compie un tentativo di attualizzare la vicenda cristiniana, insistendo sulla scelta della regina di rifiutare un’identità di genere nella quale non desiderava riconoscersi («…il suo netto rifiuto per un’identità di genere che giudicava oppressiva a causa di un sistema di convenzioni arretrato e assai mortificante per le donne.» p. 47). Questa notazione contribuisce a ricordare come all’interno di una società disciplinata e moralizzata quale quella seicentesca europea controriformistica fosse, tuttavia, possibile rilevare delle eccezioni eccellenti. La sovrana svedese ebbe la possibilità di vivere al di fuori di alcuni canoni tradizionali grazie al suo status regale e seppe abilmente sfruttarlo per accedere a un’esistenza più conforme ai suoi ideali. Consapevole che «il matrimonio le sarebbe costato la subordinazione a un uomo e la conseguente rinuncia alla libertà, per lei bene supremo (…)» la sovrana permase nella condizione “virile” che era stata scelta per lei perché le risultò vantaggiosa. Mattei lega la libertà alla scelta del nubilato ma questa libertà non sarebbe stata accessibile a una donna priva dei mezzi della regina. Cristina può scegliere perché è una donna privilegiata. In tal senso, la vicenda della regina può essere attualizzata e consistere in uno stimolo per la riflessione odierna su tematiche ormai urgenti: nella società presente, quanto può essere libera di scegliere per sé stessa una donna priva di mezzi e di privilegi?

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