Ricordare le origini schiavone nel Settecento. La chiesa e la confraternita di San Biagio ad Ancona


Abstract: Gli studi sulle «minoranze indesiderate» nello Stato Pontificio hanno dimostrato come il «fare confraternita» sia stato un’efficace strategia di integrazione che gli “stranieri” di religione cattolica hanno utilizzato per essere accettati e inseriti nel tessuto sociale del nuovo contesto cittadino. La committenza di queste associazioni si manifesta in genere nella promozione del culto e dell’iconografia di specifici santi, talvolta importati dalla madrepatria o altre volte riutilizzati con nuove funzioni.
Il caso della committenza della confraternita di San Biagio di Ancona, fondata nel XV secolo da Schiavoni, mostra come, nella lunga durata, il massiccio fenomeno dell’assimilazione, che si verifica soprattutto a partire dal XVI secolo, abbia provocato un radicale cambiamento nei caratteri e nelle funzioni della confraternita, la quale tuttavia continua ancora nel Settecento a ricordare orgogliosamente, nella committenza e nella produzione documentaria, le proprie origini schiavone.

Gli studi sulle «minoranze indesiderate» o «nationes difficili» nello Stato Pontificio in età moderna hanno dimostrato come, sia in centro che in periferia, il fenomeno associativo, in particolare il riunirsi in confraternita, sia stato una delle prime e più efficaci strategie di integrazione che gli “stranieri” di religione cattolica hanno utilizzato per essere accettati ed inseriti nel tessuto sociale del nuovo contesto cittadino. Più in generale, ad esempio a Roma, queste associazioni di individui non sempre indesiderati intervenivano «a mitigare il senso di sradicamento dei forestieri» e costituivano «una sorta di trampolino di lancio nell’ambito di un auspicato processo di inserimento nel tessuto sociale urbano, oltre che un sostegno materiale in caso di indigenza o malattia».

 
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