Guerra, impero e doctrina civilizadora in Juan Ginés de Sepúlveda


Abstract: Juan Ginés de Sepúlveda è stato per secoli considerato una sorta di avvocato del diavolo, il propugnatore della sottomissione degli indios con tutti i mezzi, uno dei teorici dell'imperialismo spagnolo, nonché la figura che aveva contribuito in Europa e nel mondo a diffondere la leyenda negra. Eppure una lettura attenta delle sue opere ci mostra un personaggio le cui idee sono state interpretate, a volte, in maniera superficiale e strumentale. Non si nega la differenza tra Las Casas, difensore dei diritti degli indios e convinto sostenitore della guerra difensiva, l'unica che poteva essere definita giusta, e Sepúlveda, la cui Doctrina Civilizadora considera un dovere muovere guerra a quanti negano la fede e per tutelare la giustizia e la libertà dei sudditi amerindi. Ma la distanza tra i due umanisti del XVI secolo è meno marcata di quanto potrebbe sembrare in quanto entrambi sostengono il legittimo intervento armato nel momento in cui fosse stata messa in dubbio la sovranità e l'autorità della cattolicissima Spagna.

 

Da quando Marcelino Menéndez y Pelayo pubblicò nel 1892, dopo secoli di oblio, il Tratado sobre las justas causas de la guerra contra los indios di Juan Ginés de Sepúlveda, la conoscenza delle idee dell’umanista di Pozoblanco, relative alla conquista dell’America e alla guerra giusta, hanno iniziato a destare maggiore interesse in un contesto culturale che lo aveva da sempre considerato una sorta di avvocato del diavolo, il propugnatore della sottomissione degli indios con tutti i mezzi, uno dei vati dell’imperialismo spagnolo, nonché la figura che aveva contribuito in Europa e nel mondo a diffondere la leyenda negra.

L’alter ego era Las Casas. Dapprima encomendero che confessa di aver fatto lavorare duramente i suoi indios, anche se non furono né maltrattati né tanto meno castigati, poi convertito alla difesa dei nativi americani. Il suo percorso di ravvedimento inizia durante la Pentecoste del 1514 fino a sfociare, il 15 di agosto di quell’anno in una vera e propria conversione. Il frate domenicano partecipa al dibattito sulla conquista e sulla giusta causa della guerra per il dominio dei territori scoperti, una discussione che ebbe luogo non solo in Spagna e in Italia. L’eco delle accuse di Las Casas nei confronti dei conquistadores arrivò ben presto in quelle regioni riformate che videro nelle questioni relative alla conquista un’occasione per fomentare la propaganda in chiave antispagnola e specialmente anticattolica. Anche per questo motivo la Brevísima Relacíon de la destruición de las Indias di Bartolomé de las Casas conoscerà un’ampia diffusione nelle regioni del nord Europa: la Brevísima Relacíon, infatti, sarà tradotta in fiammingo, francese, tedesco, dal 1578 fino alla metà del ‘700 ben 43 volte: insomma, schierarsi nel XVI e XVII secolo per Las Casas o per Sepúlveda voleva dire essere antispagnoli o filospagnoli.

La prima giustificazione della conquista appare negli scritti di Cristoforo Colombo il quale propugna una grande opera di evangelizzazione delle Indie quasi si trattasse di una crociata. Ma la Spagna dei Re Cattolici inizia a consolidarsi solo dopo la riconquista di Granada. Essa tra la fine del XV e gli inizi del XVI era un aggregato di regni e territori che conservavano un proprio ordinamento giuridico e istituzionale. Non ci sono più sul suolo iberico gli infedeli che fin dal tempo di Gebel Tarik avevano fatto della penisola il loro luogo privilegiato e Ferdinando e Isabella possono guardare con animo mutato ai nuovi orizzonti che indicavano i navigatori. La scoperta del Nuovo Mondo e la sua conseguente conquista pose la necessità di dotarsi di legittimazioni giuridiche e ideologiche che giustificassero il possesso accompagnato dalla diffusione della fede.

La justificaciones que se dieron para legitimar los derechos de los reyes castellanos sobre las Indias fueron muy diversas y, en muchos casos, encontradas: la concesión papal, la reparación de la injurias cometidas por los indios, con la diferente posibilidades que este concepto admitía, la libertad de comercio y de predicación del Evangelio, los ataques a los españoles por parte de los indios, la defensa de algunos pueblos indígenas contro otro que los tiranizaban.

Scrive, inoltre, Mercedes Serna Arnaiz,

[i Re Cattolici] impulsaron la tarea de los religiosos pues eran los mejores para pacificar, civilizar y proteger a los aborígenes. La labor misionera fue encomendada al clero regular (franciscanos, dominicos, agustinos o capuchinos) y a los jesuitas. Desde el punto de vista religioso, hay que mencionar la labor de rescate que hicieron estudiosos como Bernardino de Sahagún o José de Acosta, así como el papel preponderante que, en concreto, tuvo la orden de los jesuitas, que no sólo procuró la educación de los indígenas sino que, en un intento de incorporarlos a la historia del cristianismo, no temió propagar ideas que rozaban la heterodoxia, como la de la asimilación.

 

PatissoDEF2