Segni di speranza. Carceri e graffiti nel Sant’Uffizio di Spoleto e Narni


Abstract: I saccheggi francesi e le demanializzazioni post unitarie hanno cancellato la storia del Sant’Uffizio in molte sedi periferiche italiane e con essa anche le testimonianze materiali. Fino a pochissimi anni fa si credeva che la stessa sorte avessero subìto l’Inquisizione di Spoleto e la sua vicaria di Narni (Umbria). Grazie ad una serie di fortunati ritrovamenti e alle ricerche negli archivi vaticani, romani fiorentini e al Trinity College di Dublino, sono stati rinvenuti documenti attraverso i quali è stato possibile fare luce sull’organizzazione del Sant’Uffizio nelle due sedi ma soprattutto sono stati riportati alla luce graffiti e disegni impressi dai prigionieri sulle pareti delle prigioni.

L’Umbria ha il territorio simile a quello che ebbe nello Stato Pontificio. Centro principale è Perugia dove Giulio III, nel 1550, in pieno Concilio di Trento, nominò il domenicano Matteo Lacchi commissario del Sant’Uffizio della città e Provincia dell’Umbria, appena otto anni dopo la bolla con cui Paolo III aveva dato origine alla congregazione cardinalizia destinata ad occuparsi delle eresie in tutta la cristianità.
Nel 1685 papa Innocenzo XI, con un breve del 10 gennaio, istituì l’Inquisizione di Spoleto staccando la città e una grossa porzione di territorio dalla giurisdizione perugina per razionalizzare il governo inquisitoriale dell’Umbria. Tra i tanti vicariati sotto la sua competenza vi era Narni, sede di diocesi. Nei sotterranei dei rispettivi conventi domenicani sono state ritrovate le prigioni con notevoli testimonianze grafiche lasciate dai prigionieri sulle pareti.
I locali del Sant’Uffizio di Spoleto furono ricavati in una parte del convento domenicano di San Salvatore, entro le mura urbane, costruito nel 1247, parte che passò sotto il diretto controllo della Sacra Congregazione. Pur acquisendo nel 1685 una sua autonomia, la sede di Spoleto continuò ad essere soggetta al controllo di quella perugina.
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