Strepitus silentii. I graffiti dei carcerati del Santo Uffizio a Palermo


Abstract: Queste brevi note intendono presentare per lo studio della storia del Santo Uffizio una fonte inedita di straordinaria importanza per ricchezza e complessità, difficile da fronteggiare in maniera critica per la complessità della sua natura e la difficoltà della decodifica di disegni e iscrizioni. L’assenza di una riproduzione adeguata - che ne metta in luce la stratigrafia prodotta dalle successive mani di intonaco, di una catalogazione e della “cartografia” dei reperti, di una trascrizione paleografica (finalmente avviata) che dia conto dell’intero corpus documentario - pone agli studiosi ulteriori difficoltà. Questa complessità impone un approccio necessariamente pluridisciplinare  che chiama in causa competenze capaci di dare contributi relativi alla storia dell’istituzione (il rapporto tra la monarchia spagnola, la Suprema madrilena, la sua periferia: il viceré, il Parlamento, l’arcivescovo di Palermo, le magistrature siciliane, gli ordini religiosi); all’analisi della procedura giudiziaria e della organizzazione del carcere; all’individuazione di quanti sono passati per le carceri segrete e l’eventuale attribuzione dei disegni e dei graffiti; all’analisi paleografica e linguistica dei testi; all’identificazione dei passi scritturali e dei salmi; allo studio iconografico dei soggetti sacri e profani; alla mise en texte che restituisca il senso della disposizione e della integrazione di scritte e disegni che intrecciano verbal e visual per testimoniare un’esperienza personale. Nel giugno 2017 si è svolto a Palermo un seminario internazionale che ha raccolto studiosi di varia provenienza, i cui atti sono in corso di pubblicazione; a cura dell’Università si sta predisponendo un inventario di scritte e disegni per rendere disponibile l’intero corpus documentario a specialisti, cultori di storia e curiosi. Si è aperto un cantiere il cui lavoro è quasi tutto da fare.

Nel suo viaggio in Sicilia, tra il novembre 1785 e febbraio 1786, Friedrik Münter, professore di teologia dell’Università di Copenaghen, visita anche le carceri dell’appena abolito Santo Uffizio. Nel 1904 Vito la Mantia descrive alcuni disegni e trascrive alcune iscrizioni di alcune celle delle carceri della penitenza, situate all’interno dello Steri e non delle carceri segrete. Poi di questa produzione grafica sembra perdersi la memoria fino a quando, nel 1906 il Municipio di Palermo, per rendere fruibili al pubblico i locali del tribunale, inizia il restauro degli edifici annessi al palazzo Chiaromonte, detto Steri. Abolito nel 1782 il Santo Uffizio che vi aveva avuto sede, fin dal 1800 molte stanze di questi edifici erano state destinate ad archivio e deposito della Real Cancelleria, delle sentenze del tribunale civile, della direzione del dazio, del tribunale di commercio, ecc. Nel 1906 vi si vuole trasferire il tribunale penale e perciò tutte le carte degli archivi sono trasferite nel vicino ex convento della Gancia. Durante i lavori di riadattamento, scrostatasi spontaneamente la calce in una camera del primo piano, emerge un’immagine; del ritrovamento è informato Giuseppe Pitré, senatore del Regno, medico e storico delle tradizioni popolari, il quale vi si reca immediatamente e indovina l’esistenza di altre immagini sotto gli strati di ripetute imbiancature. Si dedica per sei mesi all’opera di scrostamento che per la sua estrema delicatezza svolge personalmente: «man mano – egli scrive – si venivano agli occhi miei delineando figure, disegni, iscrizioni e versi [che riempivano le pareti…] Era una vera generazione scomparsa».

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