Tra documentazione istituzionale e memoria personale: l’archivio di Italo Balbo

Tra documentazione istituzionale e memoria personale: l’archivio di Italo Balbo

Abstract: L’archivio di Italo Balbo, donato all’Archivio centrale dello Stato nel 2017, riordinato e analiticamente inventariato dopo un lungo e paziente intervento, risulta distribuito in otto serie (Famiglia-Carte personali; Fascismo; Ferrara; Ministero dell’economia nazionale; Ministero dell’aeronautica; Governatorato della Libia; Corrispondenza; Morte e commemorazioni), alle quali si collegano una raccolta di periodici e ritagli di stampa; migliaia di fotografie, documenti cinematografici, sonori e, infine, un fondo librario. Approfondendo l’esame della serie “Governatorato della Libia” si nota come il complesso archivistico, pur presentandosi ricco di documentazione, manifesti inevitabili silenzi.

«Sol chi non fa non falla. Chiunque accetta coraggiosamente l’impegno della azione, e mette se stesso al servizio di una causa difficile, corre il rischio di subire i severi giudizi del senno di poi: sta di fatto che i tentativi e gli stessi errori delle prime esperienze hanno una ragione d’essere e persino una loro provvidenziale utilità». In queste parole, pronunciate da Italo Balbo in Palazzo Vecchio, a Firenze, il 16 aprile 1939, nel corso di un’adunanza dell’Accademia dei Georgofili, poco prima dello scoppio della guerra e precedenti di un anno la sua tragica morte nei cieli di Tobruch, è dichiarata la convinzione sottesa a una vita che, dagli esordi, andò snodandosi tra giovanili tentativi di aderire a spedizioni su lontani campi di battaglia; servizio militare al fronte da ufficiale in un reparto di arditi; militanza repubblicana e adesione al fascismo; ideazione e organizzazione della violenta e sanguinaria macchina dello squadrismo agrario fino ad assurgere al ruolo del più giovane quadrumviro della “rivoluzione fascista”, per cristallizzarsi nei passaggi istituzionali successivi alla Marcia su Roma: dal comando generale della Milizia volontaria di sicurezza nazionale allo scranno di deputato nel 1924, poi al ministero dell’economia nazionale (1925-1926); al ministero dell’aeronautica (1926-1933) e infine al governatorato di Tripolitania e Cirenaica, poi trasformato nel governatorato generale di Libia (1934-1940). Sin dall’apparire sulla scena sociale e politica, Balbo curò nei minimi dettagli l’ordinamento di carteggi, atti, note contabili, giornali, manifesti, materiali a stampa, disegni, schizzi, fotografie e di quanto potesse contribuire «alle sue relazioni personali ed ai suoi progetti riservati, nonché ai suoi rapporti con amici e dipendenti». L’impegno nell’organizzare la propria memoria documentale proseguì con pari diligenza e costante attenzione in corrispondenza di ogni fase della carriera politica e istituzionale: egli continuò a raccogliere, fascicolare e repertoriare, col supporto dei suoi stretti collaboratori, decine di migliaia di documenti. Questo ingente materiale, dopo la morte e trascorse le circostanze legate allo svolgersi del conflitto mondiale, venne riunito, conservato e riordinato dal figlio, Paolo Balbo, che consacrò al composito lascito archivistico una parte rilevante della sua vita. La consultazione era concessa molto raramente e in maniera del tutto discrezionale: tale scelta fu oggetto di vivaci critiche, espresse in primo luogo da Giorgio Rochat. Lo storico avvertiva come la conoscenza documentata della vita privata di Balbo, «dei suoi progetti ed anche dei suoi intrighi», avrebbe giovato «alla difesa della sua immagine assai più dell’agiografia e della reticenza sistematica». Da tale convinzione derivava l’appello – a lungo inascoltato – affinché l’amministrazione archivistica intervenisse «per impedire il danneggiamento e la dispersione delle carte».

C_P_-Di_Martino_Tra_documentazione_istituzionale_Archivio_Balbo