Civiltà. I protagonisti della storia



Civiltà. I protagonisti della storia
Abstract: Era il febbraio del 2001 quando, sui banconi delle edicole italiane, fece la sua comparsa il primo numero di un periodico di divulgazione storica, contraddistinto da un taglio cronologico molto definito fin nel titolo e, pertanto, di sicuro impatto sul pubblico.

Era il febbraio del 2001 quando, sui banconi delle edicole italiane, fece la sua comparsa il primo numero di un periodico di divulgazione storica, contraddistinto da un taglio cronologico molto definito fin nel titolo e, pertanto, di sicuro impatto sul pubblico. Sotto la direzione dello storico Alberto Tenenti, caratterizzata da una superlativa veste grafica e da una accurata selezione di immagini a corredo di articoli sempre di alto profilo scientifico, «Civiltà del Rinascimento» – edita per i tipi della De Agostini-Rizzoli Periodici – iniziò sotto i migliori auspici la sua entusiastica corsa. La netta scansione temporale, che focalizzava l’interesse sulla prima età moderna e che poteva apparire forse troppo specialistica, rispondeva in effetti ad una precisa scelta scientifica, ben sintetizzata nelle parole contenute nel primo editoriale di Alberto Tenenti: «Questo periodico è forse l’unico che si propone di offrire un quadro vivace e documentato di ciò che il Rinascimento è stato non soltanto in Italia ma anche in Europa e nel mondo». E aggiungeva: «Naturalmente il grande numero di argomenti e di questioni da trattare esige che si proceda per squarci e per singole tappe, affrontando di volta in volta un’ampia gamma di problemi. A mano a mano verrà a ricomporsi così un quadro d’insieme in parte insospettato, rievocato attraverso episodi e soggetti avvincenti, che progressivamente offriranno un paesaggio di grande suggestione, come se fosse quello di un tempo presente».

Il merito che ebbe «Civiltà del Rinascimento» fu indubbiamente quello di trovare una giusta mediazione tra divulgazione e rigore scientifico, in una formula editoriale che riuscisse finalmente a mettere d’accordo il grande pubblico della storia “mordi fuggi” e l’esigente e sempre critico mondo accademico. Il sogno proibito di Tenenti, e di quanti con lui collaboravano, era quello di riuscire a far guadagnare un margine di visibilità alla storia moderna, schiacciata in un ruolo marginale all’interno dell’intero circuito mass-mediatico.

Nonostante le premesse valide e un buon riscontro di pubblico, il periodico ebbe però vita travagliata e assai breve. La legge del mercato editoriale italiano risultò impietosa: entrato nella perversa spirale della cronica mancanza di pubblicità – in virtù della quale, senza lettori la pubblicità latita e senza la pubblicità i lettori fuggono – «Civiltà del Rinascimento» venne definitivamente chiusa con il numero 23 del dicembre 2002, sopravvissuta solo di qualche giorno alla morte del suo direttore scientifico, scomparso proprio nel novembre precedente (Le Goff ne diede un ricordo commosso in un’intervista rilasciata al giornalista Ulderico Munzi del «Corriere della Sera», del 14 novembre 2002). Da allora, la storia moderna è tornata ad essere un argomento di nicchia nell’ambito della divulgazione periodica, orfana di un suo spazio dedicato e relegata in pubblicazioni cronologicamente eterogenee.

Oggi i periodici storici divulgativi si presentano essenzialmente in due formule ben distinte e riconoscibili. Esistono infatti i periodici che cercano di mantenere un livello medio di scientificità, come «Focus Storia», e che, peraltro, raccolgono anche un vasto consenso presso i lettori, sebbene per riuscirvi siano costretti a piegarsi alle leggi dello “scoop” giornalistico applicato alla storia, ed esibiscano spesso titoli sensazionalistici e copertine bizzarre. Esistono poi i periodici che, al contrario, pur di riuscire ad intercettare una fascia quanto più possibile ampia di lettori, non si preoccupano di rendere un pessimo servizio alla storia e abbassano a livelli infimi lo standard del rigore scientifico: è il caso, ad esempio, del mensile «Storia in rete», curioso esperimento editoriale – nella doppia versione cartacea ed elettronica – in cui si proclama la necessità di dotare il racconto della storia di «un taglio giornalistico» ma nel quale, a ben guardare, viene unicamente dato spazio ad articoli di scarso valore, dalla bibliografia parziale o poco aggiornata e risibili almeno quanto i titoli con i quali vengono proposti (si citano, spigolando in maniera casuale in un campo molto rigoglioso, gli articoli Come morì il conte Rosso? Savoia, XIV secolo: assassinio o semplice malasanità medievale? di Massimo Centini e Medioevo e prostituzione. Tutt’altro che allegra, la vita per le… «signorine allegre» nell’Età di Mezzo di Andrew McCall, entrambe pubblicati sul numero 40 di febbraio 2009).

In questo panorama piuttosto desolante spiccano perle rare, come «Storica», la rivista nata recentemente sotto l’egida del National Geographic che, con una veste grafica seducente e con splendide fotografie – marchio di fabbrica ineludibile per tutte le pubblicazioni promosse dal celebre istituto scientifico americano – indaga la Storia mondiale con un respiro ampio che parte dall’antichità e arriva fino alle soglie dell’età contemporanea, anche se, innegabilmente, rimane sbilanciata verso la storia antica.

Sulla stessa lunghezza d’onda si inserisce oggi un nuovo, promettente periodico. Si tratta di «Civiltà», il mensile dedicato ai «protagonisti della storia» che ha inaugurato il suo ciclo di pubblicazioni con il numero di luglio 2010.

Il lancio pubblicitario è stimolante e carica il lettore di attese e speranze. Ciascun numero è studiato «per suscitare nuovi interessi» grazie alla selezione di argomenti eterogenei sotto ogni punto di vista, «alla varietà delle fonti e degli strumenti visivi utilizzati, al forte focus sui personaggi chiave dei vari eventi, epoche e, appunto, civiltà». È bene precisare fin da subito che le promesse vengono mantenute e le speranze non risultano deluse. D’altra parte, non potrebbe accadere diversamente, data la paternità cui la rivista, in sordina, si richiama. Se, infatti, prima di addentrarsi nella lettura degli articoli – assortiti con una varietà capace di invogliare anche i palati più sofisticati – ci si sofferma brevemente sul colophon in terza di copertina, si scopre che «Civiltà» si pone in diretta linea di discendenza proprio con «Civiltà del Rinascimento», che viene citato come titolo completo e ufficialmente registrato. I punti di contatto con «Civiltà del Rinascimento», in realtà, non sono molti ma sembrano comunque sufficienti a sancire ufficialmente il passaggio del testimone della buona divulgazione storica. Innanzitutto, l’editoriale di Guglielmo Duccoli fornisce elementi di continuità con quello citato di Alberto Tenenti, là dove afferma che «Civiltà» cercherà «di mettere gli eventi di ieri sotto una luce tutta nuova, di far parlare personaggi e cose come finora non si era mai fatto». Inoltre, tra i caratteri comuni ai due periodici va senz’altro annoverato anche l’approccio interdisciplinare. L’impianto generale di «Civiltà» è, però, completamente differente da quello che proponeva il periodico diretto da Tenenti, sia per i limiti cronologici al cui interno si muove, sia per l’impostazione che risulta necessariamente aggiornata rispetto alle esigenze di un pubblico assai diverso da quello di quasi dieci anni fa.

L’arco temporale scelto dalla direzione scientifica di «Civiltà» è affine a quello di «Storica» del National Geographic, sebbene risulti evidente una predilezione più decisa nei confronti dell’età moderna. Gli articoli sono affidati a firme provenienti dalle fila della docenza o della ricerca delle più prestigiose università italiane ed europee, come l’École des Hautes Études di Parigi, l’Università “La Sapienza” di Roma, l’Università degli Studi di Milano e L’Orientale di Napoli che garantiscono l’elevata qualità. Inoltre, la collaborazione editoriale della MyWayMedia – la casa editrice – con la De Agostini Picture Library, assicura – come ricordato anche nell’editoriale di apertura – il valore aggiunto del ricorso ad immagini ed illustrazioni «esclusive, spesso assolutamente inedite». Immediatezza degli scritti, accurate ricostruzioni in 3D, schemi sinottici e box esplicativi esaustivi e puntuali aggiungono elementi di piacevolezza ad una lettura scorrevole di articoli freschi e mai noiosi, pur nel loro estremo rigore scientifico. Le immagini sono effettivamente stupende, esaltate da una resa grafica che dona alla pagina il giusto movimento di accompagnamento alla lettura, senza risultare invasive. La cartografia è assai curata, estremamente chiara e svolge egregiamente la sua funzione esplicativa. Numerosi sono anche gli apparati di corredo: l’immancabile segnalazione di novità editoriali (che comprende anche romanzi storici di qualità) e la presentazione di eventi, mostre, visite guidate a siti archeologici e poli museali, in programmazione sul territorio nazionale. Interessante è anche la “timeline” che precede l’apertura di ogni numero: nella parte superiore della linea del tempo, che si dipana dal VIII secolo a.C. fino alla fine del XVIII secolo, sono segnalati gli avvenimenti storici più importanti, mentre nella parte inferiore sono evidenziati quelli descritti dagli articoli. In questo modo si dota anche il lettore meno avveduto e preparato di un’efficace e sintetica griglia di base, all’interno della quale muoversi nel corso della narrazione.

Tanti gli articoli degni di nota, tra i quali si possono citare, ad esempio, il saggio dedicato a Inferno – la grande paura, in cui lo storico Jérôme Baschet illustra le componenti del timore del castigo che «domina l’esistenza dell’uomo medievale», e la minuziosa ricostruzione militare della battaglia di Waterloo condotta da Nicola Zotti, che offre una dettagliata spiegazione dei movimenti delle truppe napoleoniche contrapposte a quelle inglesi e prussiane e delle strategie adottate dai generali sul campo di battaglia. Per la sezione delle ricostruzioni in grafica 3d, invece, risulta estremamente affascinate lo speciale dedicato alla stratificazione architettonica del sito della basilica di S. Pietro a Roma e del passaggio da «circo degli imperatori a capitale della cristianità». L’elenco potrebbe continuare ma qui sembra sufficiente notare che, sebbene non ci si trovi ancora di fronte ad un prodotto editoriale incentrato esclusivamente sulla Storia moderna – utopisticamente auspicato, da un pubblico vasto, ancora memore dell’esperienza di «Civiltà del Rinascimento» – in «Civiltà» il lettore può trovare un valido e piacevole surrogato che funzioni da antidoto a quello che la storica Marina Caffiero ha recentemente definito l’ «incrinamento dello spessore della coscienza storica», causa diretta del livellante «scioglimento della storia nelle detemporalizzate scienze sociali».