Erica Moretti, The Best Weapon for Peace. Maria Montessori, education, and children’s rights (The University of Wisconsis Press, 2021)

Erica Moretti, The Best Weapon for Peace. Maria Montessori, education, and children’s rights (The University of Wisconsis Press, 2021)


Abstract:

Nonostante l’ampiezza degli studi e della bibliografia dedicati a Maria Montessori e all’elaborazione del suo metodo, in ambito accademico e, in particolare in quello pedagogico, continua a registrarsi una sorta di lacuna nella capacità di collegare i suoi lavori e il suo operato con alcuni macro-fenomeni sociali, civili ed educativi che hanno maggiormente influenzato gli ultimi due secoli di storia.

Proprio su questa “incompleta” dimensione si inserisce il recente volume di Erica Moretti, The Best Weapon for Peace. Maria Montessori, education, and children’s rights, che, senza mai cadere nelle insidie di una eccessiva generalizzazione o sublimazione, tenta di proporre una rinnovata e soprattutto più profonda comprensione del contributo montessoriano, con specifico riferimento alla questione pedagogica della pace. Come si evince dal titolo, infatti, l’Autrice si interroga sulla significatività della migliore “arma” per raggiungere l’obiettivo della pace, individuata dalla stessa Montessori proprio nell’educazione e nella formazione, intesi come strumenti da costruire con i bambini, grazie a un impegno quotidiano e a una completa condivisione di intenti.

Maria Montessori visse tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, com’è noto un periodo storico largamente segnato da criticità sociali ed economiche, contrasti politici e soprattutto da due conflitti mondiali, eppure il suo sostegno nei confronti del pacifismo non risultò mai anacronistico; di certo, esso fu oggetto di espliciti ostruzionismi, perpetrati principalmente da chi sosteneva certi principi ideologici e politici, tuttavia la potenza e l’intensità delle teorie montessoriane riuscirono a superare i limiti pragmatici e temporali, e ad essere ancora oggi quanto mai efficaci e attuali.

Eppure, anche se nel corso del XX secolo la Montessori fu manifestatamente riconosciuta per il suo impegno pacifista, gli studiosi hanno a lungo considerato secondari i suoi scritti sulla pace, come se fossero stati concepiti a margine del fondamentale e primario nucleo dei lavori sull’educazione giovanile. In realtà, secondo l’ipotesi montessoriana, proprio lavorando sulle potenzialità dei bambini, e costruendo uno spazio educativo privo di ingiustizie, di sterili competizioni e di imposizioni dell’auctoritas degli adulti si sarebbe potuto creare un ambiente pedagogico naturalmente basato su un metodo progressivo e sulla solidarietà, intesa come uno dei maggiori e più significativi valori sociali. Educando i bambini al di là delle costrizioni disciplinari, infatti, essi sarebbero divenuti membri e principali artefici di una realtà completamente rinnovata, abitata da persone socialmente responsabili, empatiche, capaci di essere solidali, autodeterminate e anzitutto naturalmente propense alla pace.

L’operato della dottoressa originaria di Chiaravalle fu, dunque, capace di modificare le modalità con cui venivano concepiti lo sviluppo e l’educazione infantile, grazie all’introduzione nel così detto secolo del bambino – come lo definì Ellen Key – di una prospettiva pedagogica puerocentrica, all’interno della quale l’infanzia era considerata la vera protagonista dell’azione educativa. Nel Novecento, il bambino, inteso come “padre” dell’umanità, rappresentava inoltre il motore di quella urgente e quanto mai necessaria operazione di costruzione di una nuova cittadinanza, fatta di buoni e “sani” cittadini, capaci di rigenerare il tessuto sociale e civile delle nazioni.

In tal senso, all’epoca la Montessori divenne uno degli interlocutori chiave nel dibattito internazionale in merito alla cooperazione umanitaria, al pacifismo, alle modalità con cui tentare di superare i traumi subìti dai bambini nel periodo bellico, ma anche in riferimento alla questione dei rifugiati e degli sfollati, e spesso fu capace di anticipare soluzioni e strategie che sarebbero state successivamente implementate solo alla fine del XX secolo.

Il lavoro di ampio respiro di Erica Moretti, che si propone di assolvere l’arduo compito di illuminare le zone d’ombra del pensiero montessoriano sulla pace, compendia le modalità di ricerca tipiche della storia culturale e sociale e della storia dell’educazione, nel tentativo di collocare la riflessione della dottoressa marchigiana nell’ambito della storia dei diritti umani e dello sforzo umanitario, in modo da ridefinire i confini della sua pedagogia, da sempre connessa alla missione di una pace globale e mai limitatamente riferita a singoli individui o esperienze. Trasversalmente, l’Autrice si concentra, inoltre, sulla lettura multiforme della trasformazione dei diritti umani e sui processi di ridefinizione delle pratiche umanitarie, influenzati dall’attivismo pedagogico e dall’operato di specifiche personalità che hanno di fatto contribuito a modificare l’antica filantropia scientifica e alla costruzione di un nuovo welfare per l’infanzia.

Più nel dettaglio, The Best Weapon for Peace. Maria Montessori, education, and children’s rights, si articola in sei capitoli e si conclude con una significativa riflessione relativa all’eredità del pacifismo montessoriano. Seguendo l’ordine cronologico degli eventi, l’Autrice avvia la sua analisi cercando di rintracciare le radici del pensiero pacifista di Maria Montessori, facendo particolare attenzione al contesto storico-sociale italiano, che nelle prime due decadi del XX secolo venne permeato dal rinnovamento pedagogico e dalla necessità di rispondere in maniera concreta ai nuovi bisogni dei bambini, specie di quelli provenienti da situazioni di marginalità. In questo periodo, attraverso il lavoro operativo sullo sviluppo sensoriale del bambino, la Montessori intendeva plasmare un’infanzia consapevole, capace di crescere in maniera armonica, seguendo le proprie predisposizioni naturali, nel rispetto di se stessa, dei pari e del proprio contesto di riferimento.

Nel secondo capitolo il focus si sposta più precisamente sugli sforzi messi in atto da Maria Montessori nel tentativo di aiutare i bambini sopravvissuti al primo conflitto mondiale, e sull’esteso e articolato dibattito avviato con diverse personalità politiche, ecclesiastiche e professionali sul tema. Su tale scia, vale la pena ricordare che la dottoressa aveva contemporaneamente iniziato a delineare il profilo del progetto della White Cross (Croce Bianca) dei bambini, che si proponeva di formare e comprendere, in una sorta di organizzazione parallela alla Croce Rossa, medici ed educatori capaci di occuparsi precipuamente dei danni psicologici subìti dall’infanzia a causa della guerra; una sorta di pool di esperti in grado di ristabilire l’equilibrio psico-fisico dei bambini e di porre, quindi, le basi per la costruzione di una pace futura. La possibilità di edificare un ambiente sano, protettivo e accogliente, insieme all’uso di precise e opportune strategie nei confronti dei bisogni infantili, consentiva infatti di dar vita a una relazionalità tra adulti e bambini basata sul senso di responsabilità, di autonomia e di rispetto reciproco, che avrebbe naturalmente condotto a una pace stabile e duratura.

La terza parte del volume rappresenta, di seguito, una delle sezioni più innovative del lavoro di Erica Moretti, in quanto comprende ben quattro lezioni rimaste inedite che la Montessori aveva avuto l’opportunità di tenere a San Diego nel corso del 1917, attraverso cui sostanzialmente l’Autrice dimostra come la concezione del bambino inteso come mezzo per la costruzione di una società pacifica fosse stata avviata circa vent’anni prima di quanto fino ad ora ritenuto. Essa era certamente espressione del progetto della White Cross e del lavoro che all’epoca la pedagogista stava organizzando nei confronti di coloro che erano stati investiti dagli orrori della guerra, ma ciò che rese il suo operato realmente progressista fu la convinzione per cui l’educazione non doveva essere uno strumento per “curare” i “sopravvissuti” quanto piuttosto un mezzo per evitare a livello globale tali eventi dalla portata così distruttiva.

Il quarto capitolo del testo è, invece, dedicato alla ricostruzione di un periodo alquanto complesso e tormentato dell’esperienza montessoriana, ovvero il Ventennio fascista. Moretti cerca innanzitutto di contestualizzare l’iniziale supporto concesso dal regime alla Montessori e, di buon grado, tenta di ridefinire il ruolo e la posizione della pedagogista nei confronti del partito. Il contrasto tra l’elaborazione dell’educazione alla pace e il momento storico di riferimento era quanto mai evidente, specie nel territorio italiano, per questo la Montessori fu in un certo senso costretta a dedicarsi a una riforma delle sue teorie sul pacifismo e a moderare il suo sostanziale impegno sul tema.

Le ultime due parti di The Best Weapon for Peace sono essenzialmente dedicate alla messa in luce della dimensione internazionale della pedagogia montessoriana sulla pace. A partire dagli anni Trenta del Novecento, di fatto, Maria Montessori lavorò duramente per condividere e promuovere i suoi studi sul tema, sia a livello politico sia a livello sociale, e iniziò ad essere considerata una delle interlocutrici di spicco in merito a questioni ormai centrali come i diritti e i bisogni dell’infanzia, l’umanitarismo e per l’appunto il pacifismo. Centrale si rivelò la concezione per cui il bambino era considerato un soggetto sociale pienamente attivo, che non doveva esclusivamente prendere consapevolezza delle scelte del mondo adulto; per questo nella riflessione della dottoressa l’educazione e il coinvolgimento infantile nella vita civile dell’umanità erano ritenuti così importanti.

In ultima istanza, Erica Moretti approfondisce il legame tra l’esperienza montessoriana e la nozione di educazione cosmica, principalmente frutto della lunga permanenza in India della pedagogista e di suo figlio Mario, nel corso della quale il suo approccio “globale” all’educazione della prima infanzia trovò pieno e pratico sviluppo, soprattutto attraverso una trasformazione olistica della metodologia di riferimento.

La duplice origine del pacifismo montessoriano, che risiede sia nell’attivismo pedagogico e politico, sia nell’estrema fiducia nutrita nei confronti della formazione e dell’educazione – considerate come unica “arma” in grado di trasformare concretamente la società e le future generazioni –, insieme al suo autentico e sostanziale sviluppo, consente ad esso di essere ancora oggi straordinariamente attuale. In un periodo in cui le conflittualità sono tutt’altro che superate, l’eredità della riflessione di Maria Montessori dovrebbe infatti spingere a una concreta presa di coscienza dell’importanza dei valori di interdipendenza e solidarietà fra gli uomini, a partire dai contesti quotidiani per arrivare a quelli considerati più “eccezionali”. In ciò risiede la preminenza della questione educativa nell’ambito del tema della pace, affinché sia finalmente superato l’eterno contrasto tra adulto e bambino, in favore dello sviluppo armonico e naturale delle personalità infantili e di una loro libera autodeterminazione, che tra l’altro costituiscono gli indispensabili presupposti per la realizzazione di una vera pace globale.