Profezie scritte e figurate: la lettera di Bartolomeo Georgijević a Massimiliano II alla vigilia di Lepanto
Secondo i dati biografici, non sempre attendibili, forniti dallo stesso Georgijević, dopo aver scontato nove anni di dura prigionia presso il Turco (1526-1535), l'autore avrebbe sentito l'esigenza di farsi pellegrino, viaggiando fino a Gerusalemme, Santiago de Compostela e infine Roma dove, probabilmente al seguito del cardinale tedesco Otto Truchsess von Walburg, approdò alla vigilia dell'elezione di Giulio III Del Monte (1550).
Nel saggio viene presentato per la prima volta l'ultimo scritto dell'autore sino ad ora individuato: la lettera indirizzata a Massimiliano II alla vigilia di Lepanto, un testo illustrato e stampato a Roma dall'incisore Giovanni Battista Cavalieri. In questa ultima opera, Georgijević cambia completamente toni e temi della sua propaganda. Il momento storico è segnato dalla delusione seguita alla pace di Adrianopoli (17 febbraio 1568), con la quale Massimiliano, venendo meno alle aspettative di Pio V, dopo aver assistito pigramente con il suo esercito all'occupazione di Sziget (7 settembre 1566), aveva firmato una tregua di otto anni, impegnandosi a pagare il tributo a Selim II. Nel messaggio del 1569 subentra nella scrittura di Georgijević un linguaggio propagandistico inedito che fa largo uso di stereotipi sul nemico e che attinge, per incoraggiare e ammonire, alle immagini e ai temi profetici filoimperiali tratti dal pronostico (in verità scaduto nel 1567) di Johannes Lichtenberger (†1503).
Come l'astrologo alsaziano, riferendosi agli Asburgo (a Massimiliano I e al figlio Filippo il Bello) attendeva la venuta dell'imperatore riformatore della Chiesa e trionfante sui Turchi, così il Georgevijć, rileggendo le antiche profezie, intese applicarle, con tono esortativo e senza l'ottimismo del Lichtenbergher, all'imperatore Massimiliano II.
Profezie scritte e figurate: la lettera di Bartolomeo Georgijević a Massimiliano II alla vigilia di Lepanto
Il commercio delle stampe ha rappresentato un settore vitale dell’economia artistica nella Roma del secondo Cinquecento. Incisori e stampatori si sono distinti per uno spiccato spirito imprenditoriale in grado di fronteggiare la diversificata e crescente domanda di immagini portatili a buon mercato destinate alla devozione, all’ornamento di spazi privati o all’arricchimento di collezioni erudite. Le tipologie delle figure a stampa in circolazione nella capitale pontificia sono ben riassunte nel catalogo pubblicato nel 1572-73 dall’incisore, stampatore e mercante francese Antonio Lafrery, affinché «ciascuno possa a suo piacimento havere notitia di tutta l’industria […], e valersene o di tutta, o in parte secondo che più gli aggradisca». Tra le categorie enumerate nel raro opuscolo troviamo nell’ordine: «Tavole di Geografia o di particolari luoghi di esse, come città nobili o fortezze, e alcuni dissegni d’ationi seguite e ordinanze di battaglie a tempi nostri», «antichità di Roma tanto di fabriche et edifici quanto di statue e altre cose», «modelli e dissegni moderni d’artefici nobilissimi», «inventioni poetiche, o imaginate da diversi e ingegnosissimi scultori e pittori», «historie et immagini del vecchio et nuovo testamento», «ritratti e medaglie di persone segnalate», «libri di architettura di autori moderni e d’ornamento appartenenti a quella e di prospettive, e altri tali cosette». Si evince dal prezioso catalogo che le raffigurazioni di città, fortezze, battaglie – genere quest’ultimo in voga negli anni che prepararono e seguirono lo scontro navale tra Cristiani e Turchi a Lepanto (7 ottobre 1571) – costituirono un segmento importante del mercato romano delle stampe. Si trattava per la maggior parte di fogli volanti, prodotti in buon numero soprattutto a seguito dell’eroica difesa cristiana di Malta del 1565 con fini di propaganda politica e religiosa. La necessità di visualizzare i siti lontani nominati dagli avvisi e dalle cronache riguardanti le conquiste turche o le vittorie cristiane dovette favorire, già nella seconda metà del Quattrocento, l’affermarsi di un genere “topografico” nella stampa come nella pittura.
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