La giustizia ecclesiastica in periferia. Il pluralismo giurisdizionale della Chiesa attraverso il caso di Aquileia


Abstract: Partendo dalle indicazioni della recente storiografia giuridica sul pluralismo normativo e giurisdizionale di età moderna (Grossi, Costa, Hespanha, Clavero), il presente saggio intende dimostrare la persistenza di diverse giurisdizioni periferiche all'interno della Chiesa post-tridentina, per il resto dominata da un centralismo romano sempre più soffocante. In particolare, si darà conto della giurisdizione di appello delle corti dei metropoliti, figure tradizionalmente ritenute in fase di declino dopo Trento. Caso di studio da cui si prenderà le mosse sarà quello della provincia ecclesiastica di Aquileia, estremamente interessante per la sua estensione e complessità geografica e politica. Obiettivo di questa breve nota sarà osservare i modi con cui la società poteva fare uso e ricorso agli spazi lasciati aperti dalla giustizia ecclesiastica all'interno di un gioco politico di carattere eminentemente locale.

Negli ultimi decenni la storia del diritto ha ridisegnato il significato del termine “giurisdizione” a partire da una penetrante analisi del lessico giuridico basso medievale, disvelando il valore fondamentale di questo termine per i giuristi coevi, che lo assunsero quale criterio organizzatore non solo dell’universo giudiziario, ma della stessa struttura del potere politico dell’epoca. Alla luce di questa riscoperta, una storiografia giuridica fortemente influenzata dal pensiero antropologico ha invitato a ripensare il funzionamento della giustizia in età moderna in una prospettiva pluralistica, dimostrando come nei secoli precedenti l’età dei codici non esistesse una gerarchia stabile di poteri e tribunali, ma convivessero «diversi centri autonomi di potere, senza che ciò creasse problemi, né dal punto di vista pratico, né da quello teorico». La iurisdictio, intesa nel senso proprio di capacità di dire il diritto, era un modo riconosciuto di affermare il potere; il pluralismo di Antico regime si esplicava dunque in una molteplicità di giurisdizioni, ciascuna rappresentante un potere diverso, autonomo e fondato su regole proprie.

Altro fondamentale punto di svolta segnato da questa storiografia fu la constatazione della consapevolezza diffusa che la società di Antico regime, ai suoi vari livelli, aveva non solo e non tanto dell’esistenza di questo groviglio di giurisdizioni e poteri diversi, ma anche della tecnica giuridica che regolava ognuna di queste giurisdizioni. Si arricchiva in sostanza il discorso giuridico di un’altra componente sociale: l’attenzione non si centrava più solo sui giudici e sul personale dei tribunali, ma trovavano spazio anche coloro che adivano le vie giuridiche, spesso mossi dalla volontà per nulla neutra di sfruttare ai propri fini il pluralismo esistente. Diversi ancora sono i meriti di questa storiografia in continua crescita – si pensi soltanto al nuovo ruolo attribuito alla morale nella elaborazione e pratica del diritto; tuttavia, in queste pagine intendiamo concentrarci su questi due aspetti, ovvero il pluralismo giurisdizionale e il suo concreto uso sociale, con l’obiettivo di approfondire l’analisi di un sistema giudiziario che appare per sua natura intrinseca gerarchico e verticistico: quello della Chiesa cattolica.

È ben noto e inutile ricordare il lungo percorso storico che, durante il secondo millennio dell’Era cristiana, ha portato alla costruzione di una gerarchia ecclesiastica dominata dal Papato. Gli sviluppi della storia religiosa cinquecentesca hanno contribuito in modo determinante ad accelerare questo processo, grazie anche alla trasformazione del collegio cardinalizio in una struttura di sostegno alle decisioni pontificie attraverso la riforma delle congregazioni vaticane. Più che il trinomio tridentino “parroci-vescovi-Papato” furono altre le ramificazioni che gemmarono dal tronco principale della Chiesa cattolica nel corso dell’età moderna. La raffinata e ricca storiografia sull’Inquisizione ha, per esempio, dimostrato senza ombra di dubbio come la struttura parallela e assai estesa, almeno nell’Italia centro- settentrionale, del Sant’Uffizio abbia in generale scavalcato e indebolito il ruolo dei vescovi in un processo di lento rafforzamento della struttura inquisitoriale a discapito di quella diocesana. Da parte loro, le ricerche sul clero parrocchiale hanno chiarito la complessità anche del primo livello della organizzazione ecclesiastica, con la concorrenza mossa ai parroci da varie istanze (ordini regolari e mendicanti, ordini militari, il laicato stesso); ulteriori studi hanno poi dimostrato come la stessa rete parrocchiale fosse in continua evoluzione e ben lungi da una definitiva canonizzazione. Il sistema di giurisdizioni su cui si basa la Chiesa romana fornisce ulteriore conferma di questo panorama sfaccettato e multiforme: gli studi già esistenti sull’organizzazione della giustizia secolare pontificia nello Stato della Chiesa hanno dimostrato la sovrapposizione e, talora, la conflittuale coesistenza di tribunali diversi nel territorio governato politicamente dal Papato.

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