Sulle orme di Lecchi: i luoghi fotografati


Abstract: Individuare i luoghi fotografati da Lecchi è un lavoro che non conosce vie di mezzo: o è estremamente semplice, da dimostrarsi quasi banale, o alquanto complicato fino a diventare un vero rompicapo.
Mentre molti luoghi ritratti infatti sono ancora esistenti e ben conosciuti, altri sono ormai scomparsi o inglobati in una nuova struttura urbana profondamente modificata.
A parte i casi di cambio di denominazione e funzione, emblematico in tal senso il caso dei Quattro Venti prima villa ed oggi arco, è stato molto complesso identificare e localizzare gli edifici di cui manca una tradizione iconografica o una “memoria visiva” di qualsiasi tipo.
Spesso un elemento primario per l’identificazione dei luoghi è costituito dagli edifici rappresentati o da elementi architettonici o strutture, quali mura, bastioni, acquedotti tuttora esistenti anche se inseriti in un contesto ambientale profondamente modificato. A volte essi si rivelano punti di riferimento grazie ai quali è possibile collocare altri elementi di non immediata rilevazione.
Oltre alle notizie ricavabili dagli scritti del tempo, un attento esame dell’iconografia contemporanea, quadri, disegni, schizzi, etc., e delle piante dell’epoca ha permesso non solo di individuare errori di attribuzione ma anche di dare un nome a quei luoghi che sembravano destinati a rimanere “non identificati”.
L’esame, e a volte il vero e proprio accanimento, con cui è stato osservato ogni singolo particolare ha permesso ad esempio di riconoscere in quella che era solo una scritta poco leggibile, l’articolo 5 del Preambolo della Costituzione Francese del 1848.
Il lavoro avrà presto un’altra applicazione: il riconoscimento dei luoghi delle fotografie permetterà di rendere visibile con gli strumenti di geolocalizzazione elettronica comunemente in uso il luogo esatto dove si trovava l’edificio fotografato da Lecchi. Un modo di superare centosettanta anni si storia e di rendere più immediatamente vicina non solo la Roma del 1849 ma anche i luoghi che furono testimoni della difesa della Repubblica.

«E io non sono riuscito a trovare la cinta muraria Aureliana»; questo il commento che accompagna, in un sito internet, la riproduzione della fotografia di Stefano Lecchi “Batteria alla cinta Aureliana” (fig. 1).

In effetti l’identificazione dei luoghi fotografati da Lecchi non è sempre facile e immediata, anche per un “curioso della città” che passeggia alla ricerca della memoria storica degli avvenimenti della difesa della Repubblica romana.

Individuare i luoghi fotografati è un lavoro che non conosce vie di mezzo: o è estremamente semplice, da dimostrarsi quasi banale, o alquanto complicato fino a diventare un vero rompicapo.

Molti luoghi ritratti infatti sono ancora esistenti e, la maggior parte di essi, anche ben noti.

È il caso questo di Castel Sant’Angelo, di Piazza del Popolo, della Basilica di San Giovanni in Laterano, di Porta San Giovanni, del cosiddetto Tempio di Vesta al Foro Boario, del Foro Romano, dell’Arco di Settimio Severo, dell’Arco di Costantino, di Ponte Milvio e, fuori di Roma, della Casa del Forno di Pompei.

Logicamente un altro punto di riferimento primario per l’identificazione dei luoghi è costituito dagli edifici rappresentati. Tra di essi vanno annoverati innanzitutto quelli che, per la loro importanza nei fatti d’arme descritti dai contemporanei, costituiscono di per se stessi il punto focale di calotipie.

Tra di essi vanno annoverati la porta San Pancrazio, il casino dei Quattro Venti, il Vascello, Villa Spada, Villa Savorelli, Villa Valentini, San Pietro in Montorio, il Casino Barberini.

Inoltre a Villa Borghese è tuttora perfettamente identificabile l’Aranciera le cui rovine campeggiano in una fotografia di Lecchi (fig. 2).

Ma tante e tali sono le trasformazioni avvenute sul territorio a seguito delle vicende storiche, urbanistiche e sociali da far sembrare le immagini del 1849 come appartenenti a un altro luogo, oltre che a un altro tempo, un luogo in cui il carattere essenzialmente rurale sopraffà e cancella quello cittadino.

In una foto si possono osservare i terrazzamenti per le colture agricole o constatare come luoghi allora facenti parte della campagna facciano ormai parte di un tessuto completamente urbanizzato (fig. 3).

Conseguentemente l’individuazione dei luoghi rappresentati può avere diversi livelli di difficoltà, a seconda del soggetto scelto dal fotografo e l’analisi di ogni singola immagine che non fosse immediatamente riconoscibile ha presentato un diverso grado di difficoltà.

Nelle fotografie della Roma del 1849 vi sono innanzitutto luoghi immediatamente identificabili anche nell’urbanistica attuale in quanto la calotipia presenta elementi architettonici tuttora esistenti anche se, in alcuni casi, profondamente mutati nel tempo e, salvo rare eccezioni (quali ad esempio villa Borghese), nel loro contesto ambientale.

L’interesse in questi casi non è tanto quello di individuare topograficamente il monumento ripreso quanto nell’osservare l’ambiente in cui esso si inserisce e che, a poco più di 170 anni di distanza appare radicalmente mutato. Basti pensare alla fotografia che ritrae l’esterno di Porta San Giovanni e visualizzare, con i moderni mezzi topografici accessibili on-line l’odierno Piazzale Appio.

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