Un tassello nel mosaico inquisitoriale: vescovi “anfibi” di una provincia a trame ibride in epoca post-tridentina


Abstract: Lo studio focalizza l'attenzione su Terra d'Otranto, provincia del viceregno di Napoli, caratterizzata dalla prevalente geografia ecclesiastica di regio patronato. A partire dal 1529 in questo spazio a trame ibride venne selezionato un eterogeneo corpo episcopale, di origine iberica o napoletana e di diversa formazione. Strutture e uomini dai contorni e dai profili ambigui, nonché aspetti che in alcuni casi si riflettono nelle interrelazioni con la Congregazione del Sant'Uffizio. Anche in quest'area frontaliera del mediterraneo orientale, il periodo compreso tra il 1558 e la prima metà del XVII secolo fu cruciale per il rafforzamento del ruolo vescovile nel controllo di uomini e veicoli ereticali, nell'orientamento di pratiche e credenze religiose.

The study focuses on Terra d'Otranto, a province of the Viceroyalty of Naples, characterized by the prevailing ecclesiastical geography of royal patronage. By 1529 in this hybrid plots space, a heterogeneous body of bishops, of "neapolitan" or Iberian origin and diverse backgrounds was selected. Ambiguous profiles' structures and men were, in any case, all aspects reflecting on the relationships with the Congregation of the Holy Office. In this frontier of Eastern Mediterranean area, the period between 1558 and the first half of the Seventeenth Century was also crucial for strengthening of bishop's role on the control of heretical men and vehicles as much as on guidance of religious beliefs and practices.

L’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e l’accesso ai suoi fondi documentali sono stati decisivi per la ricerca incentrata sulle relazioni tra i vescovi di Terra d’Otranto e la Congregazione del Sant’Uffizio. In questo contributo, tre sono le domande alle quali cercherò di rispondere: come si inquadra tale studio nel panorama storiografico inquisitoriale e nel contesto di una specifica area viceregnale? Quale è stato l’itinerario seguito? Quali i risultati?

Tra la fine degli anni Novanta del secolo scorso e l’inizio del secolo presente, storici più o meno direttamente coinvolti nello studio dei tribunali della fede si sono espressi in modo molto esplicito a tale riguardo, attraverso immagini che rimandavano a incisive linee di intervento: al grande mosaico inquisitoriale che Wolfgang Reinhard sperava di poter completare in seguito all’apertura del grande archivio romano, faceva eco sia la varietà di colori e di figurazioni assunta dal tribunale nel territorio italiano, sbozzata da Adriano Prosperi, sia i nomi e i cognomi individuati da Ricardo García Cárcel quali essenziali marcatori di identità, utili a definire e caratterizzare le manifestazioni del fenomeno inquisitoriale. Tre icastiche suggestioni che vogliono rappresentare una istituzione tutt’altro che monolitica e della quale sempre più si intendono ricostruire i dettagli e ricollocare al giusto posto i frammenti delle tessere mancanti. La metafora organizzativa evidenziata nei Tribunali della coscienza, fondamentale contributo di storia comparata incentrato sul panorama italiano, è riscontrabile pure nella configurazione del territorio peninsulare all’indomani della pace di Cateaux Cambrésis, a circa diciassette anni dalla bolla Licet ab initio del 1542.

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