Colonialismo, decolonizzazione, post-colonialismo. Ricerca e fonti – Introduzione

Colonialismo, decolonizzazione, post-colonialismo. Ricerca e fonti – Introduzione

Abstract:

I lavori presentati in questo numero monografico prendono le mosse dalla Giornata di studi Colonialismo, decolonizzazione, post-colonialismo. Ricerche e fonti organizzata dall’Archivio Centrale dello Stato e dal Giornale di Storia il 21 giugno 2021, ultimo incontro del ciclo Fonti e interpretazioni: archivisti e storici nello spazio comune della ricerca.

Il contributo di Beatrice Falcucci è dedicato alle collezioni coloniali di età liberale raccolte dalla Società Geografica Italiana e custodite dal Museo Preistorico-Etnografico di Roma. Partendo dalla ricostruzione delle loro acquisizioni, scambi e modalità di esposizione realizzata sulla base dell’analisi delle fonti presenti nell’Archivio Centrale dello Stato e di quelle conservate in altri archivi, la studiosa mostra come tali collezioni abbiano costituito uno strumento politico e culturale di dominio, di affermazione della cosiddetta superiorità dei colonizzatori rispetto ai colonizzati, di costruzione del mito coloniale italiano nell’ambito dell’identità nazionale attraverso le figure degli esploratori. Lo stretto legame istituito tra la dimensione scientifica, quella coloniale e la costruzione della nazione venne poi sfruttato nel periodo del colonialismo fascista con la ripresa del mito dei precursori africani, con sopravvivenze ed eredità anche nel secondo dopoguerra dopo la sconfitta del fascismo, la fine del conflitto e la nascita della Repubblica Italiana. In tal modo, la costruzione del mito coloniale italiano influenzò pesantemente anche la percezione dell’identità dei paesi colonizzati, strutturata dallo sguardo degli esploratori coloniali e “reificata” nelle modalità di rappresentazione, classificazione ed esposizione degli oggetti acquisiti nei paesi africani.

Sul periodo fascista in maniera più specifica si concentra il lavoro di Gianmarco Mancosu che esamina in relazione ai fondi dell’Archivio Centrale dello Stato l’origine e il funzionamento della struttura propagandistica coloniale del regime per l’ambito della foto-cinematografia. Non soffermandosi esclusivamente sul monopolio dell’Istituto Luce al servizio dell’espansione coloniale, lo studioso affronta il ruolo svolto da altre strutture propagandistiche nella produzione e circolazione delle immagini delle colonie italiane, mostrando come i conflitti sorti tra le diverse amministrazioni a capo di questi enti contribuirono a trasformare la propaganda coloniale fascista in una “macchina imperfetta” nella costruzione del cosiddetto consenso. Il declino della propaganda coloniale cinematografica dopo la guerra contro l’Etiopia non oscurò, tuttavia, la sua funzione anticipatoria rispetto al secondo conflitto mondiale con la produzione e messa in circolazione di prodotti visuali e narrativi caratterizzati dalla violenza e dal razzismo.

Strettamente legato alla storia del colonialismo italiano è l’archivio di Italo Balbo conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato. Il fondo Balbo viene descritto e analizzato dal contributo di Di Martino, il quale illustra, anche attraverso la ricostruzione della figura storica del personaggio, la storia delle carte e le vicende della loro conservazione presso i familiari, il versamento all’Archivio e il loro ordinamento, la struttura e la descrizione, dettagliata e ricca di informazioni, delle serie in esso contenute (in particolare quella del Governatorato della Libia), fornendo così un utile strumento di guida alla ricerca.

Altrettanto utile si presenta il lavoro di Petraglia dedicato all’illustrazione preliminare delle fonti essenziali per la storia del colonialismo e del post-colonialismo italiano presenti nell’Archivio Centrale dello Stato. In particolare Petraglia, oltre che sui principali fondi istituzionali del periodo liberale e fascista che riflettono l’ampiezza degli ambiti interessati dal colonialismo italiano, si sofferma sulle vicende delle carte del Ministero dell’Africa Italiana, illustrando la consistenza del fondo versato all’Archivio, i criteri essenziali del suo ordinamento e l’attuale struttura con le principali serie in esso contenute, rendendo allo stesso tempo conto dell’attività tecnica, scientifica e di coordinamento svolta nel corso degli anni per il recupero e la messa a disposizione di questo materiale fondamentale per la ricostruzione della storia coloniale.

Il periodo del secondo dopoguerra e il tema delle eredità del colonialismo italiano nella Repubblica attraverso le carte conservate principalmente, ma non esclusivamente, nell’Archivio Centrale dello Stato costituiscono l’ambito delle tematiche affrontate dai contributi di Valeria Deplano ed Emanuele Ertola. Deplano mostra come sia necessario, per restituire la complessità del caso italiano e delle sue eredità nel periodo repubblicano, indagare certamente la dimensione della continuità delle istituzioni (fra tutte il Ministero dell’Africa Italiana) e dei legami economici e culturali tra l’Italia e le sue ex-colonie; ma anche esaminare le vicende dei gruppi, di diversa tipologia e numericamente assai inferiori rispetto ad altri paesi europei, di migranti post-coloniali (gli ex colonizzati), dando così vita a una storia non solo istituzionale. Ertola si focalizza invece sull’analisi dei flussi migratori di ex coloni italiani verso la madrepatria durante e dopo la decolonizzazione, illustrando come le fonti restituiscano la duplice dimensione sociale (sussidi e assistenza pubblica) e politica (risorsa e bacino elettorale) con cui le istituzioni e i governi italiani affrontarono la questione e allo stesso tempo avvertendo della necessità di ampliare l’indagine ad altre tipologie di fonti, non essendo possibile esaurire la tematica solo attraverso la prospettiva della percezione dei rappresentanti dello Stato. Come dimostrano tutti i contributi qui presentati, la storia del colonialismo, della decolonizzazione e del post-colonialismo italiani, processo di lungo periodo che dall’età liberale attraverso il fascismo giunge all’Italia repubblicana, per la sua complessità e la varietà delle dimensioni in essa implicate, può essere ricostruita solo attraverso il dialogo permanente, rinnovato e coordinato tra la prospettiva archivistica e quella storica.

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