Persuadere scrivendo. Retorica e medicina tra oralità e scrittura

Persuadere scrivendo. Retorica e medicina tra oralità e scrittura

Abstract: A partire dall’insospettata analogia tra gli ambiti della retorica e della medicina, ed in particolare dalle affinità stilistiche riscontrabili tra l’Encomio di Elena di Gorgia e due trattati del Corpus Hippocraticum (De flatibus e De arte), il saggio si propone un duplice obiettivo: ricostruire un tipo di testualità chiaramente influenzato dall’intreccio tra oralità e scrittura; mostrare il ruolo che ad esso può essere attribuito nelle prime fasi di sviluppo della retorica.

Starting from the unsuspected analogy between the fields of rhetoric and medicine, and in particular from the stylistic affinities that can be found between Gorgias’ Encomium of Helen and two treatises of the Corpus Hippocraticum (De flatibus and De arte), my paper aims at reconstructing a type of textuality clearly influenced by the intertwining of orality and literacy and at pointing out the role that can be attributed to it in the early stages of rhetoric development.

Sarebbe davvero difficile sottovalutare il ruolo che l’indagine sulla relazione tra oralità e scrittura ha svolto nel delineare alcune delle principali linee interpretative dell’evoluzione della cultura greca. Così come sarebbe altrettanto difficile sottovalutare il merito che va riconosciuto ad E.A. Havelock (ed ai suoi allievi) per un lavoro in larga parte pionieristico volto a ridefinire categorie e concetti mediante i quali inquadrare la straordinaria vicenda culturale, letteraria e filosofica dell’antica Grecia. D’altra parte, il modello interpretativo sviluppato da Havelock in numerosi lavori presenta due importanti limiti. Da un lato, esso si basa su una distinzione troppo netta, ed in qualche misura dicotomica, tra oralità e scrittura (con le corrispettive formae mentis), non riuscendo in questo modo a cogliere in maniera adeguata ciò che accade nel lungo periodo di transizione durante il quale i due media coesistono ed interagiscono in modi molteplici e differenti. Dall’altro, esso adotta una prospettiva implicitamente evolutiva che finisce per attribuire un valore assiologico ai due termini della relazione e riproporre, in questo modo, seppure in altra veste, la discutibile immagine di una grecità la cui parabola sarebbe riassumibile nella formula vom Mythos zum Logos resa celebre dal titolo di un fortunato volume di Wilhelm Nestle degli anni quaranta del secolo scorso. Invece che di passaggio dal mito al logos, bisognerebbe piuttosto parlare di un passaggio dall’oralità alla scrittura con tutte le conseguenze e le contrapposizioni, anche valoriali, che ne conseguono (concreto vs astratto, aggregativo vs analitico, etc). A ben vedere, tuttavia, dietro questa formula si nasconde una realtà assai più complessa, se non altro per il fatto che con oralità e scrittura indichiamo, nel caso dell’antica Grecia più che mai, i due poli di una interazione che si presenta nella maggior parte dei casi come una sorta di continuum con un’ampia gamma di situazioni intermedie in larga parte dipendenti dall’intreccio tra due diverse dimensioni: quella relativa al concepimento del testo e quella relativa alla sua fruizione.

La cornice narrativa del Fedro platonico rappresenta paradigmaticamente questo stato di cose. All’inizio del dialogo, infatti, Socrate incontra Fedro che viene da Lisia anzi, per la precisione, dalla casa di Epicrate (retore e politico democratico) nella quale l’oratore, così ironizza Socrate, deve aver imbandito una tavola di discorsi. Subito dopo però viene detto che Lisia ha scritto (gegraphe) un discorso sull’amore e sul corteggiamento dei bei ragazzi e si scopre che Fedro, impadronitosi del libro, lo nasconde sotto il mantello. A questo punto Socrate e Fedro si allontanano dalla città ed iniziano la lettura ad alta voce. Al di là della ben nota arte platonica di costruire situazioni ‘drammaturgiche’ all’interno delle quali non solo vengono collocati i dialoghi ma vengono anche anticipate le principali questioni teoriche affrontate successivamente (ed infatti il Fedro ospita la ben nota e controversa critica della scrittura), è indubbio che quella descritta nelle pagine iniziali del Fedro può essere considerata una situazione relativamente diffusa in un certo scorcio temporale, seconda metà del V secolo a.C., in particolare in quegli ambienti in cui andava progressivamente prendendo corpo, tanto sul piano teorico che su quello pratico, la nuova disciplina della retorica (ed infatti il Fedro è un importante tassello della polemica anti-retorica svolta da Platone). Nelle pagine seguenti cercherò, allora, di apportare un sia pur minimo contributo al quadro, invero assai complesso, che si venne a determinare in questo momento fondamentale del lungo periodo di transizione a cui ho fatto riferimento. Per farlo prenderò in considerazione la relazione esistente tra due ambiti, per noi moderni difficilmente accostabili, quali quello della retorica e quello della medicina.

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