La scrittura della scienza nel XIII secolo: gli affreschi della cattedrale di Anagni

La scrittura della scienza nel XIII secolo: gli affreschi della cattedrale di Anagni

Abstract: La creazione di uno spazio pubblico per la conoscenza scientifica è uno dei temi più dibattuti nella storia culturale europea degli ultimi due secoli. Questo spazio, oltre a veicolare significati e concetti propri della scienza, si serve di molti elementi creativi per aumentarne il senso e la suggestione. Questi elementi sono presenti in un’opera d’arte del XIII secolo, la cripta della cattedrale di Anagni, in un contesto originale e dedicato al culto religioso. Il fascino e lo sviluppo del messaggio scientifico-razionale trovano, in questo modo, elementi evocativi ed emozionali che ne aumentano e ne sottolineano l’originalità dove invece ci si aspetterebbe una loro marginale interpretazione.

The creation of a public space for scientific knowledge is the topic most debated issues in the European cultural history of the last two centuries. This space, in addition to conveying meanings and concepts typical of science, uses many creative elements to increase its sense and suggestion. In the crypt of Cathedral of Anagni these elements are present in an original context dedicated to religious worship. The charm of the scientific-rational message find evocative and emotional elements that increase and emphasize its originality.

Il problema che si affronta quando si parla di scrittura scientifica è di affermare pregiudizialmente che si tratti di una modalità specialistica del linguaggio: un gergo, una comunicazione destinata a ristretti gruppi. La scienza oggi viene descritta con questa peculiare caratteristica o, comunque, le viene attribuita. Il suo statuto invece ne fa la disciplina pubblica per eccellenza: una scoperta o un fenomeno osservato deve essere sottoposto ad un esame ferreo e replicabile da chiunque voglia ripetere l’esperienza. Il dibattito che coinvolge la comunità scientifica attorno a quel dato deve essere perciò trasparente e “falsificabile” come ha scritto Karl R. Popper. Questo metodo fa del sapere scientifico una conoscenza solida e in continua evoluzione. D’altro canto, si afferma di continuo che i risultati del lavoro scientifico, espressi attraverso un lessico specialistico, abbiano bisogno di una loro “divulgazione” e cioè di una traduzione in un linguaggio e in un contesto che possa essere compreso da una ipotetica comunità di non addetti ai lavori. Tutto ciò è contraddittorio. Non si può essere trasparenti e pubblici se un testo non è comprensibile da chiunque e non solo da chi abbia la possibilità di discuterlo conoscendone il codice specifico. L’approccio scientifico è in realtà una forma mentis, un metodo prima di essere un codice e solo l’acquisizione di questo metodo, inteso come matrice culturale, permetterà di sciogliere i cosiddetti enigmi dei linguaggi scientifici. La domanda è quando questo metodo ha cominciato a farsi strada, ad affiorare insieme alle altre conoscenze divenendo riconoscibile per la sua forza e la sua autonomia? Di solito, si identifica la nascita del metodo scientifico con il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo del 1632 o con il Discorso sul Metodo di Descartes del 1637. Si tratta di verificare se le sue tracce abbiano avuto una più antica origine. Per rendere esplicita questa evoluzione della scienza bisogna allora cercare documenti in cui le argomentazioni dei suoi temi peculiari siano come “intrappolate” all’interno di un universo culturale più vasto.

In una cripta medioevale, completamente affrescata tra il XII e il XIII secolo, si trova riprodotto un originale tentativo di scrittura scientifica. In una cappella dedicata ai riti religiosi e al culto dei martiri, oltre al senso o all’emozione del sacro che esalti la sensibilità dell’uomo medioevale vi si trovano segni e riferimenti agli schemi dedicati ad una interpretazione scientifica dell’universo. Non, quindi, in una biblioteca in cui i monaci potessero consultare quella scrittura in termini riservati o specialistici ma un luogo pubblico, aperto ai fedeli di ogni ceto e condizione che periodicamente si riunivano, un luogo progettato e scelto esplicitamente per mostrare a tutti quei contenuti. Questa rappresentazione pittorica si trova nella cripta della cattedrale in una cittadina poco lontano da Roma, Anagni. Questo spazio si trova all’interno di una basilica romanica, costruita nell’XI secolo dal vescovo benedettino Pietro da Salerno e progettato, in origine, come una chiesa inferiore. Studi sulla cronologia di costruzione hanno rilevato un’apertura a forma di portico esterno alla cattedrale e situato sul piano stradale destinato a una libera circolazione ai piani sotterranei senza dover accedere alla chiesa superiore. Questa idea iniziale, abbandonata nelle modifiche successive all’edificio, sottolinea lo scopo di questi ambienti: un luogo specifico ed autonomo, destinato alla custodia di reliquie e di tombe.

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