(Alessandro Vanoli) Ai confini del mondo: la presenza islamica nell’Oceano Atlantico tra tardo medioevo e prima età moderna


Abstract:

1. Un problema di storia globale

Per molto tempo l’Atlantico ha rappresentato per gli storici uno spazio e una prospettiva di
grandi proporzioni su cui misurare un gran numero di fenomeni differenti: dai commerci
oceanici, alla tratta degli schiavi, sino all’eredità coloniale e “medievale” in America Latina.

Ma a lungo tale spazio e tale prospettiva hanno avuto come punto focale soprattutto l’Europa
e alcuni specifici spazi Americani. In altre parole la storia atlantica ha rappresentato solo una
prospettiva allargata delle dinamiche europee. Da un paio di decenni, però, si sta percependo
che è possibile invece usare la prospettiva atlantica per cambiare sguardo: in primo luogo
decentralizzare l’Europa e prestare attenzione alle regioni non europee; in secondo luogo
analizzare le dinamiche attraverso cui culture differenti entrarono in relazione, riscrivendo la
propria storia proprio a partire dallo spazio atlantico comune che le vedeva protagoniste.
Credo che proprio in questo senso sia lecito e importante parlare di storia Atlantica come
storia globale. Perché la storia globale, al suo meglio, non è il mero allargamento di
prospettiva geografica, ma un consapevole decentramento delle narrazioni, che faccia
allontanare lo storico dalle capitali politiche per cogliere la vita così come si sviluppò ai
margini. Ed è ai margini dell’Atlantico, nei porti africani, come nelle baie sudamericane, che
il commercio e gli scambi ebbero un ruolo fondamentale nel definire nuove culture e nuove
identità collettive.2 Collocare in tale quadro anche uomini e donne provenienti dal mondo
musulmano è un modo per accrescere la complessità del quadro e cogliere dinamiche
profonde che la storia più classica, quella vista dalle capitali, ha spesso finito col celare.
Oggi cominciamo a percepire quanto complessa e per nulla monolitica sia stata la relazione
tra conquista militare e istituzionale e “conquista spirituale”, per usare la famosa definizione
di Robert Ricard (definizione che comunque lascia ancora aperti numerosi problemi di carattere epistemologico).