Carlo Costa e Gabriele Di Giuseppe, Corpo Estraneo (Milieu Edizioni, 2021)

Carlo Costa e Gabriele Di Giuseppe, Corpo Estraneo (Milieu Edizioni, 2021)


Carlo Costa e Gabriele Di Giuseppe, Corpo Estraneo (Milieu Edizioni, 2021)
Abstract:

Una figura poco nota, benché profondamente coinvolta negli aspri conflitti che insanguinarono Roma e l’Italia degli anni Settanta, emerge dalle pagine del volume Corpo Estraneo, che indaga la vita, la militanza e la morte di Giorgio Vale, militante di Terza Posizione prima e successivamente dei Nuclei Armati Rivoluzionari, di origini eritree. Gli autori, Carlo Costa e Gabriele di Giuseppe, affrontano una materia delicata e fin qui poco frequentata dalla storiografia, con l’intenzione di proporre «un approccio storiografico ponderato e scientificamente credibile», come essi stessi dichiarano in premessa. L’ambizione dunque è quella di superare le verità giudiziarie e le ricostruzioni giornalistiche, a cui fino ad ora è stata affidata gran parte di quella memoria, per usare propriamente gli strumenti dell’indagine storica. Un’indagine complessa e non priva di difficoltà, considerata l’ampiezza e la tipologia delle fonti usate, di cui si dirà a breve.

La vita del protagonista, Giorgio Vale, è ben tratteggiata sin dalle origini. Il padre, Umberto Vale, nato in Eritrea e trasferitosi a Roma all’età di undici anni, nel dopoguerra ebbe un discreto successo economico e conobbe Anna Antonia Garofali, divenuta sua moglie nel 1959. Dopo la nascita del primogenito Riccardo, il 22 ottobre 1961 nacque Giorgio. Cresciuto in un quartiere della Roma bene, l’adolescente Giorgio muove i primi passi verso la politica militante. Per collocare opportunamente la vicenda politica di Giorgio Vale, gli autori offrono una ricostruzione puntuale delle principali formazioni della destra radicale romana e dei fatti ad esse collegati, con un taglio interpretativo originale, poiché principalmente dedicato a tratteggiare la figura del militante nero, e del ricordo che oggi ne conservano i suoi camerati di allora. Un ricordo spesso intimo, che emerge non senza difficoltà e ritrosia dalle parole dei numerosi militanti dell’epoca intervistati dagli autori, che vincendo non poche reticenze hanno potuto far affiorare una memoria assai viva di quella che fu l’intensa parabola militante di Giorgio Vale. Dopo le prime esperienze nei collettivi studenteschi, Giorgio fu accolto negli ambienti della destra romana più radicale nonostante il colore della pelle, un tratto distintivo che gli intervistati ben ricordano, ma che fu sempre considerato marginale in ragione dell’ideologia che, soprattutto in formazioni come Terza Posizione, che per prima accolse Giorgio, dichiarava di distinguere gli esseri umani in base alle loro scelte di vita, e non per le loro origini. Da questo corposo nucleo di interviste a personaggi più o meno noti dell’eversione nera degli anni Settanta, tra cui ricordiamo almeno Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Roberto Nistri, Luigi Ciavardini e Dario Mariani, emerge una prima importante caratteristica della ricerca proposta; gli autori infatti si sono misurati non solo con le difficoltà consuete delle fonti orali, affrontando dunque la necessità di accogliere testimonianze spesso prive di completa oggettività, ma anche intrise di una volontà ricostruttiva saldamente ancorata alla necessità di soppesare ogni ricordo offerto, essendo i racconti e la memoria proposti ancora gravidi di possibili conseguenze politiche e giudiziarie. Nella sobrietà e nella ponderazione con cui queste testimonianze vengono trattate emerge più chiaramente la forza storiografica del volume; gli autori, consapevoli della delicatezza del materiale maneggiato, non hanno esitato a dar vita ad uno scavo documentale imponente, durato quasi un decennio, avvalendosi di fonti diverse provenienti dai numerosi archivi esplorati, tra le quali emerge con maggior spessore l’Archivio del Gabinetto del Ministero dell’Interno. Le fonti di polizia, prodotte contestualmente ai fatti citati, vengono usate con abbondanza, assieme alle carte processuali e alle interviste citate, insieme al corpo documentale che, forse più di altri, distingue davvero questo volume: l’archivio familiare dei Vale, concesso non senza difficoltà e ripensamenti dal fratello, Riccardo Vale, usato durante tutta la narrazione come controcanto intimo ed emotivo, il cui inventario è ora accessibile online al sito www.corpoestraneo.it. Una verità privata spesso contrastante con le ricostruzioni ufficiali dei fatti, che ben si presta a controbilanciare una vicenda che rischia di apparire fin troppo asciutta e impersonale, se tratteggiata solo da fonti giudiziarie o di polizia, o al contrario apologetica, qualora emergesse soltanto dal ricordo dei camerati di Giorgio. È proprio questo infatti il primo compito che gli autori si sono evidentemente assunti; muoversi all’interno di un magma documentale difficilmente addomesticabile, una memoria cangiante e luttuosa, una rappresentazione e autorappresentazione di sé stessi e degli anni narrati che emerge dai protagonisti dell’epoca talvolta confusa, priva di riscontri oggettivi. In questo delicato gioco di equilibri e ponderazioni, appare ancor più prezioso il ruolo svolto dalla memoria familiare. Nel dolore, nella paura e nella prospettiva privata della famiglia Vale scorgiamo non solo uno spaccato ricco e denso di micro storia sociale, ma anche un pathos che arricchisce ulteriormente il volume. A tal proposito val la pena anche sottolineare come la cifra stilistica degli autori tenda a privilegiare, soprattutto nei capitoli dedicati al contesto storico e al periodo della latitanza, uno stile narrativo intenso, con un ritmo a tratti brillante, che non travalica mai i confini del rigore storiografico, ma che consente, attraverso l’uso vivo e accorto delle fonti una immersione nella lettura che rende il volume davvero piacevole.

Il lavoro si colloca dunque all’interno di quella produzione storiografica che, negli ultimi anni, ha iniziato a misurarsi seriamente con una memoria recente e dolorosa della Repubblica italiana, finalmente con gli strumenti più appropriati dell’indagine storica. Un compito pregevole e delicato, la cui difficoltà emerge anche da una lettura in controluce del volume. Lungi dal voler offrire una memoria condivisa o proporre un’improbabile pacificazione asettica, gli autori testimoniano l’urgenza di affrontare un periodo tanto denso e luttuoso della storia recente italiana con tutta la profondità di campo che l’indagine storica può offrire. La vicenda di Giorgio Vale appare in questo senso esemplare, in particolare rispetto alla sua morte, ufficialmente per suicidio, su cui gravano tuttavia non pochi sospetti. Gli autori si assumono dunque una responsabilità storiografica, che si muove nel solco di coloro che hanno inteso la storia e il mestiere di storico come qualcosa di vivo, a servizio dell’umanità. Ancora una volta dunque, lo storico appare come l’orco della fiaba, che va dove sente odore di carne umana.