La formazione delle collezioni d’ arte islamica a Roma (XVII-XIX secolo)


Abstract: La formazione delle collezioni di materiale islamico a Roma attraversa un percorso complesso fortemente connesso all'intervento del Papato, degli ordini religiosi o di personalità legate all'ambiente cardinalizio, il cui ruolo sarà fondamentale nel veicolare a Roma la conoscenza e la dialettica dei rapporti con l'Oriente islamico.
La costituzione delle prime raccolte documentate è riconducibile al XVII secolo ad opera degli ordini missionari (Gesuiti soprattutto), con la conseguente formazione del Museo Kircheriano (1650), il primo a Roma a riunire un nucleo di antichità islamiche. Per raggiungere un reale circuito collezionistico di questi oggetti bisognerà comunque attendere l'età moderna post-illuminista, in cui si registrerà un interesse più consapevole per l'arte orientale. Dopo alcuni brevi riferimenti al Medioevo, il nostro interesse si concentrerà sulla prima età moderna e quindi sul periodo in cui, a partire dal '700, l'approccio culturale dell'Occidente con il mondo islamico assume una più accentuata caratterizzazione. L'espansione europea nel Vicino e Medio Oriente rese possibile una trasposizione dei valori di riferimento, finora incentrati sull'entusiasmo per la classicità greca e latina, accentuando l'ammirazione per tutto ciò che veniva percepito come "orientale", vale a dire "diverso". Di conseguenza l'interesse per la cultura materiale "altra" renderà fruibile il manufatto islamico all'interno della realtà collezionistica occidentale.

Il fenomeno del collezionismo orientale e quello d’ arte islamica in particolare, in quanto espressione di un linguaggio decorativo specifico e ben identificabile, riflette le vicende che nel corso dei secoli hanno caratterizzato i rapporti tra Oriente e Occidente. Dopo alcuni brevi riferimenti al Medioevo, il nostro interesse si concentrerà sulla prima età moderna e quindi sul periodo in cui, a partire dal Settecento, l’approccio culturale dell’Occidente con il mondo islamico assume una più spiccata caratterizzazione. L’espansione europea in Oriente rese possibile una trasposizione dei valori di riferimento, finora incentrati sull’entusiasmo per la classicità greca e latina, accentuando l’ammirazione per tutto ciò che veniva percepito come “orientale”, vale a dire estraneo, diverso, altro da sé, misterioso, esotico.

Parlare di collezionismo d’arte islamica presuppone un ampliamento di orizzonti di riferimento che esulano dalle classificazioni dell’arte occidentale. La ricerca e l’interesse per alcuni materiali, piuttosto che altri, implica la cognizione, più o meno certa, della loro provenienza e, nello specifico degli oggetti islamici, anche del contesto di appartenenza. Il termine islamico, anche quando riferito all’arte, racchiude in sé una serie di significati: linguistico-culturali, storici, religiosi, sociali e politici. La classificazione come “arte islamica” non è che una etichetta che ricopre un campo immenso: secondo le considerazioni di Stefan Weber, in riferimento alle manifestazioni artistiche dell’Islam, è preferibile la nozione di cultura materiale, una cultura che merita e necessita di un approccio interdisciplinare, sociologico e antropologico.

Nonostante la grande estensione geografica che caratterizzò la diffusione della cultura islamica (dalla Spagna all’India), la produzione di manufatti con caratteristiche comuni, ma che differiscono nella resa formale in base all’area di appartenenza, rende l’arte islamica un unicum nel panorama storico-artistico. Proprio le manifestazioni locali, pur nella loro diversità, esprimono l’omogeneità di pensiero di una civiltà, piuttosto che una specificità puramente tecnico-artistica.

L’oggetto islamico, fin dal Medioevo, produce stupore e curiosità in chi lo osserva. Il criterio di giudizio nei confronti del suo significato storico-documentario si è rivelato molteplice, soprattutto in considerazione del fatto che l’Islam non si diffuse sul nulla bensì si sovrappose e, in qualche modo, si fece erede di civiltà strutturate come quella bizantina e quella sassanide. La difficoltà di separare, nelle manifestazioni artistiche, la produzione islamica araba da quella turca o persiana è dunque da sempre evidente.

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