La frontiera veneto-ottomana nel XVII secolo: aspetti di una coesistenza singolare
Il recente dibattito storiografico ha ormai messo ampiamente in discussione l’immagine di un’alterità irriducibile di mondo cristiano e musulmano, visti come civiltà inconciliabili e ostili. Riferendosi in particolare alla contrapposizione Repubblica di Venezia – Impero ottomano, gli studi più attuali hanno evidenziato come fra i due stati nemici esistessero in realtà aperture, interessi comuni, contaminazioni profonde. Le carte lasciano intravedere i rapporti che intercorsero tra la gente cristiana e quella musulmana, riconsegnandoci un mondo mobile, uno scenario d’intrecci al di là delle barriere politiche e religiose, dove la frontiera, più che confine, si fece luogo di contaminazione e di scambio.
Come è noto, lo Stato da Mar della Serenissima, territorio che si estendeva lungo la costa dalla Dalmazia all’Albania e comprendeva una serie di isole in Adriatico, in Ionio e in Egeo, costituiva un insieme eterogeneo e composito, disseminato senza continuità geografica nel Mediterraneo orientale. In particolare, il Levante balcanico, ossia la doppia provincia della Dalmazia e Albania Veneta, si limitava a una lunga fascia costiera senza profondità territoriale: una serie di fondachi, di porti e di presidi chiusi tra il mare e le terre turche, una stretta striscia di terra da contendere palmo a palmo a un nemico sempre più minaccioso e di grande superiorità militare. L’8 marzo 1573, con la pace stipulata a Costantinopoli dal bailo Marc’Antonio Barbaro alla fine della guerra di Cipro, Venezia si era trovata infatti costretta a subire gravi mutilazioni territoriali, riducendo i possedimenti in Dalmazia alle sole isole e alle più grandi città costiere, i cui contadi penetravano all’interno non più di una decina di chilometri, tanto che un detto popolare recitava: «Si sentiva cantare il gallo turco nelle città del mare».
Il 30 ottobre 1671 era stata quindi fissata la “Linea Nani”, dal nome del commissario Gian Battista Nani, cavaliere e procuratore di San Marco, che la sottoscrisse: tracciato che riportava il confine al minimo storico territoriale, ossia all’«Acquisto vecchio» definito dalla pace del 1573, vanificando tutte le conquiste apportate sul fronte terrestre dalla guerra di Candia e ponendo i rettori veneziani di fronte alle continue ribellioni degli abitanti della zona, pronti a ricorrere alle armi per i contenziosi sorti sul possesso di saline e di pascoli, contesi da entrambe le parti in seguito alla definizione del nuovo tracciato confinario.