Una musa albanese alla Sapienza – Introduzione

Una musa albanese alla Sapienza – Introduzione
31 ottobre 1940. Certificato di cittadinanza rilasciato dal Municipio di Tirana, redatto in italiano (ASS)

Abstract: La giornata di studi in onore di Musine Kokalari (Adana 1917 - Rrëshen 1983) a cento anni dalla nascita, tenutosi il il 4 dicembre 2017 presso l’Aula degli Organi Collegiali del Palazzo del Rettorato dell'università La Sapienza di Roma, ha visto la partecipazione di specialisti italiani e albanesi in diversi ambiti scientifici (storia, antropologia culturale, etnologia, albanologia, letteratura, filosofia, sociologia, semiotica del testo, archivistica): gli atti di quel convegno sono stati finalmente raccolti e vengono pubblicati in questo numero monografico del «Giornale di storia»

Nata per diventare scrittrice, Musine Kokalari (1917-1983), prima donna letterata e poetessa albanese del secolo appena trascorso, era di Adana, in Turchia, e apparteneva a una famiglia benestante (il padre Reshat era avvocato e giudice) che negli anni Venti aveva fatto ritorno ad Argirocastro, città originaria dei Kokalari e, più tardi, si era trasferita a Tirana. Nel periodo 1938-1941 la giovane autrice visse a Roma, dove si laureò in Lettere alla Sapienza. Tra il 1937 e il 1944, oltre alla tesi sul poeta nazionale albanese Naim Frashëri, scrisse e pubblicò le sue opere più importanti: i racconti ispirati al folklore tosco e ai drammi quotidiani delle donne albanesi del sud, Siç më thotë nënua plakë («Come mi disse la mia vecchia nonna»); le brevi storielle di carattere morale …Sa u tunt jeta («…Come cambia la vita»); le fiabe Reth vatrës («Attorno al focolare»); le poesie e i drammi di Kolla e vdekjes («La tosse della morte»). Fin da giovanissima collaborò, con gli pseudonimi di Muza o Tacita, a diversi giornali e riviste, firmando sulle gazzette Shtypi («La stampa»), Zëri i lirisë («La voce della libertà») – organo d’informazione del Partito socialdemocratico albanese fondato nel 1943 – e Gruaja shqiptare («La donna albanese») – testata incentrata sulla nascente questione femminile -; inchieste molto acute e coraggiose per una ragazza dell’epoca, in cui spavaldamente denunciava le drammatiche condizioni di miseria e analfabetismo delle società rurali e le sue ataviche discriminazioni di genere nel “Paese delle aquile” dei suoi tempi. Impegno etico-politico, civile, letterario tutto teso a un’appassionata ricerca di una via alternativa sia al nazifascismo sia allo stalinismo che la scrittrice vedeva pian piano ergersi sulle ceneri della Resistenza dei partizan. Proprio in nome di tale impegno, rientrata dopo gli studi a Tirana nel dicembre del 1941, partecipò in prima linea, insieme a Skënder Muço, Selman Riza e al filosofo Isuf Luzaj, alla fondazione del Partito socialdemocratico per la costruzione di un’Albania democratica e libera, in sintonia con le istanze nazionaliste già condivise col gruppo studentesco albanese frequentato a Roma. Punto centrale del programma era, infatti, la proposta di una democrazia parlamentare di stampo “occidentale”, fondata sulle elezioni, sul pluralismo partitico, e che accettava forme di proprietà privata avendo come obiettivo il progresso economico dell’Albania e del Kosovo. Tutto ciò era d’intralcio all’incipiente, rapida instaurazione di una dittatura di stampo stalinista.

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