Incontri inaspettati. Il confronto con l’Islam a Roma in età moderna (XVI-XVIII sec.). A proposito di Roma e Islam – Note a margine e prospettive di ricerca


Abstract: In un contesto di guerre di religione a bassa intensità quale fu il Mediterraneo dell'età moderna, è possibile rinvenire tracce di scambio culturale tra Roma e il mondo islamico? Al di là dei discorsi retorici sulla "Guerra Santa", gli storici riescono a individuare qualcosa altro? Come la storiografia internazionale ha dimostrato negli ultimi anni, è possibile ricostruire occasioni di dialogo economico, religioso e culturale anche in quei secoli difficili. L'articolo si concentra sulla questione di tale particolare forma di dialogo culturale dalla prospettiva, speciale a sua volta, della città santa di Roma, la casa del papa dove vivevano insieme (non in amicizia, naturalmente) cristiani, musulmani, ebrei e neofiti.

Nell’Europa lacerata dalle infinite guerre di religione, l’Italia e la Spagna si ritrovarono, loro malgrado, per posizione geografica e per vocazione politica, al centro di uno scontro “con gli infedeli” che, sin dai secoli lontani degli albori dell’espansionismo musulmano, aveva trovato il suo epicentro proprio nel Mediterraneo e nelle sue coste. Nel corso della lunga età moderna il confronto con “l’Altro” musulmano si andò dipanando su strade diverse ma costantemente intersecate tra loro. La guerra “vera” – fatta di eserciti in armi, cannoni e richiami alle sante ragioni per cui la si sarebbe dovuta combattere – si incrociò incessantemente con le continue scaramucce a bassa intensità dell’altra guerra, quella di corsa che, a sua volta, mieteva vittime in gran numero, e che, pur non riuscendo a spostare di un centimetro i confini tra le nazioni, incise altrettanto profondamente sui destini individuali e collettivi degli uomini che vi si trovarono coinvolti: schiavi, convertiti, convertitori, giudici, rinnegati, riscattati, mediatori, missionari, commercianti, pirati, navigatori, forzati, su su fino a principi, papi, re, imperatori, visir e sultani, tutti furono parte in causa di questo contrasto assiduo e crudele tra genti e fedi antagoniste.

Le tappe fondamentali dell’evoluzione della crisi politica e militare segnarono, almeno a partire dalla metà del Quattrocento, momenti altalenanti di successo e insuccesso per entrambi i contendenti ed in cui, comunque, mano a mano, e con grande sollievo, l’Europa cristiana scoprì stupefatta che, talvolta, era possibile, per grazia di Dio, sconfiggere quegli infedeli, troppo a lungo creduti invincibili. La caduta di Costantinopoli nel 1452 e la definitiva “reconquista” di Granada quaranta anni più tardi si configurarono, nell’insieme e da una prospettiva esclusivamente “occidentale”, come eventi spartiacque tra un prima – l’epoca in cui il musulmano era, fisicamente e politicamente, nel cuore geografico della cristianità e ne governava porzioni significative con la sua Legge – e un dopo – quando i confini della cristianità andarono difesi dai Turchi (il nuovo feroce antagonista musulmano) assassini e conquistatori dall’inesauribile e apparentemente inarrestabile temperamento aggressivo. I passaggi nodali dei secoli successivi sono noti e puntellano l’immaginario collettivo, celebrati da feste straordinarie e immagini meravigliose: la battaglia di Lepanto (così centrale nella ridefinizione dell’approccio, anche mentale, dei cristiani alla guerra con il gran Turco), la caduta di Candia in mano ottomana, via via verso la salvezza di Vienna, la liberazione di Buda, la pace di Passarowitz.
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