La misteriosa morte del cardinale Merry Del Val dalle carte della polizia politica fascista


Abstract: Sdraiato sul letto di una sala operatoria per sottoporsi ad un banale intervento di appendicite, un potente cardinale muore inaspettatamente sotto gli occhi di un chirurgo di chiara fama e dei suoi assistenti, tra cui uno dei medici personali del papa. Pochi mesi più tardi l'anestesista scompare suicida in circostanze misteriose. Sull'intero episodio viene immediatamente calato un velo di silenzio impenetrabile destinato a resistere per ottant'anni.
Siamo nella Roma fascista degli anni Trenta e il nome del cardinale è di quelli importanti: Rafael Merry Del Val.
Quando si cercano notizie sul famoso cardinale, nelle enciclopedie, dizionari e persino nel web i particolari della morte vanno dalla laconica informazione di luogo e data (Roma, 26 febbraio 1930) all'aggiunta di alcuni dettagli sul come ai quali non segue mai una spiegazione approfondita: "improvvisamente", "durante un'operazione", a "causa di una appendicite", "repentinamente".
Questo breve saggio spiega, grazie a documenti mai usati prima, cosa veramente è successo.

Sdraiato sul letto di una sala operatoria per sottoporsi ad un banale intervento di appendicite, un potente cardinale muore inaspettatamente sotto gli occhi di un chirurgo di chiara fama e dei suoi assistenti, tra cui uno dei medici personali del papa. Pochi mesi più tardi l’anestesista scompare in circostanze misteriose. Sull’intero episodio viene immediatamente calato un velo di silenzio impenetrabile destinato a resistere per ottant’anni. Sembra la trama di un romanzo noir modaiolo ambientato all’ombra di S. Pietro, ma la storia è vera e documentata anche se, fino a questo momento, mai rivelata. Siamo nella Roma fascista degli anni Trenta e il nome del cardinale è di quelli importanti: Rafael Merry Del Val.

Quando si cercano notizie sul famoso cardinale, nelle enciclopedie, dizionari e persino nel web i particolari della morte vanno dalla laconica informazione di luogo e data (Roma, 26 febbraio 1930) all’aggiunta di alcuni dettagli sul come, ai quali non segue mai, però, una spiegazione approfondita: improvvisamente, durante un’operazione, a causa di una appendicite, quasi repentinamente. Nato a Londra il 10 ottobre del 1865, figlio di un diplomatico spagnolo, il giovane Del Val studiò in Belgio e in Inghilterra. Giunto a Roma, fu ammesso all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici e frequentò l’Università Gregoriana, dove conseguì la laurea in filosofia e teologia. Compì una carriera fulminea nella prelatura. Delegato apostolico straordinario in Canada nel 1899, l’anno successivo fu nominato arcivescovo titolare di Nicea. Nel 1902 ebbe notevole importanza e felice risultato la sua ambasceria straordinaria a Londra per l’incoronazione di Edoardo VII. Alla morte di Leone XIII, che aveva avuto per lui molta benevolenza, Merry Del Val fu designato segretario del conclave. Pio X fu subito conquistato dalle sue doti scegliendolo come collaboratore. Nominato prosegretario di Stato (1903), cardinale e infine – sempre nello stesso anno – Segretario di Stato, egli lasciò un’impronta indelebile durante tutto il pontificato di Papa Sarto. Alla morte del pontefice, il cambio di rotta della politica vaticana determinò un progressivo allontanamento del cardinale dall’azione diplomatica attiva, ma non certo una sua emarginazione: segretario del Sant’Uffizio, arciprete della Basilica Vaticana, Del Val rimase a lungo un protagonista e, fino agli ultimi giorni, uno degli uomini più influenti dell’establishment della Santa Sede.

Le informative riservate della polizia politica fascista (che dedica a lui un intero fascicolo) conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma aggiungono qualche particolare in più sulla biografia del cardinale e soprattutto su alcuni retroscena inediti, comprese appunto le reali cause della sua “improvvisa morte”. Ma andiamo con ordine.

In una relazione in data 7 agosto 1929 veniva ripercorsa in sintesi la vita del porporato, dagli anni della gioventù, trascorsi seguendo gli spostamenti della famiglia tra Londra, Bruxelles e Vienna, fino alla conclusione della carriera diplomatica del padre come rappresentante della Spagna presso il Vaticano. Fu allora, stando alle informazioni raccolte, che il giovane Del Val decise di vestire l’abito talare entrando a far parte dell’Accademia dei Nobili Ecclesiastici, istituto per la preparazione dei nobili pontifici.

Papa Leone XIII «anche in vista dei meriti del padre ambasciatore e della madre piissima e generosa cattolica inglese», lo nominò Cameriere Segreto Partecipante «nomina ambita e altissima perché permette a colui che ne è insignito di assistere quasi continuamente il Pontefice, vivere della sua vita intima, dividerne le confidenze, gli apprezzamenti quotidiani su uomini e cose e seguirne, passo passo, i metodi di governo». Alla morte di Leone XIII, il nuovo Papa Pio X, nel Concistoro del novembre 1903, nominò il Del Val in un colpo solo cardinale e Segretario di Stato «su insistenza del Sacro Collegio, dei Gesuiti e di qualche Sovrano cattolico».

Si legge ancora, nell’informativa riservata in apertura del dossier, che «per più di dieci anni egli restò in questa carica; lavorò fedelmente con Pio X, si mostrò anche amico dell’Italia, ma fece una politica anti-rampolliana nel vero senso della parola, mostrandosi spesso angoloso e irriducibile e seguì, con voluttà spagnuola, mista di puritanesimo inglese, la lotta feroce ingaggiata da Pio X e dai gesuiti contro il Modernismo e i Modernisti, spesso ingiustamente e crudelmente perseguitati». Morto Pio X, Benedetto XV non lo confermò «e non lo poteva confermare nella sua carica; allora il Merry Del Val si mise con tutta l’anima all’opposizione e vi resta ancora dopo 15 anni di delusioni e di speranze mai raggiunte».

La relazione spiega anche il motivo per cui egli non fu confermato nella carica di Segretario di Stato: sempre attenendosi alle informazioni raccolte dai fiduciari fascisti in Vaticano, il Del Val negli anni di Pio X aveva in monsignor Dalla Chiesa (fedelissimo del Rampolla e della sua linea politica) un acerrimo nemico e, divenuto questi papa, «si vendicò di Del Val allontanandolo senza discussioni dalla Segreteria di Stato».

A quanto pare il cardinale non si accontentò della carica di Prefetto del Sant’Uffizio e Arciprete di San Pietro. Abile diplomatico e uomo «astutissimo, d’intelligenza e cultura considerevole» egli si adoperò negli anni seguenti a costruire una rete di potere niente di meno che con l’obiettivo di diventare pontefice. Nella seconda metà del 1929 Merry Del Val – secondo quanto riportato nelle informazioni in possesso della polizia politica – aveva dalla sua parte «tutti i cardinali francesi, i cardinali spagnoli e alcuni americani», una situazione molto diversa rispetto al periodo precedente alla Conciliazione quando i «suoi simpatizzanti potevano contarsi sulle dita di una mano». Riguardo alle inclinazioni politiche, le notizie appaiono discordanti (almeno agli occhi delle spie del regime) perché «ondivago sembra essere il suo atteggiamento nei confronti del fascismo». Filo-fascista negli anni della presa del potere e della costruzione della dittatura, si mostra ostile al duce all’indomani dei Patti Lateranensi. Ad ogni modo gli informatori lo giudicavano comunque «prontissimo a farsi credere di nuovo filo-fascista qualora il Governo italiano lo appoggiasse nella sua sconfinata ambizione».

Certamente tra il settembre e l’ottobre del 1929 una serie di informative ci restituiscono l’immagine di un Del Val non solo scontento e preoccupato della situazione italiana in generale ma anche della politica attuata da Pio XI nei confronti del governo fascista. Perfino sulle spese vaticane il porporato aveva di che lamentarsi. Ad un membro della Commissione cardinalizia amministratrice dei beni della Santa Sede egli dichiarò, senza troppe perifrasi, che il Vaticano sperperava milioni «per spese inutili e superflue» mentre non si provvedeva «né al clero – che vive in condizioni assai disgraziate – né ai bisogni spirituali delle popolazioni, specialmente nei quartieri della periferia di Roma». «La situazione del papato» seguitava la nota riportando testualmente le parole del cardinale esternate durante una confidenza inconsapevole «e quella interna dell’Italia sono assai critiche». Il papato – aggiungeva – «prima o poi sarà costretto a fare macchina indietro, mentre la situazione interna del nostro Paese è dichiaratamente disastrosa all’estero come qui nessuno può immaginarsi. Non tanto la crisi finanziaria, quanto la crisi morale di oppressione e malcontento latente dell’Italia, spaventa gli stranieri».

Insomma, nell’autunno del 1929, a pochi mesi dalla soluzione della questione romana, Rafael Merry Del Val sembrava dichiararsi apertamente ostile sia al governo italiano sia alla politica perseguita da Pio XI. Come in un gioco delle parti, però, il suo braccio destro, mons. Nicola Canali, assistente personale e fidatissimo seguace e collaboratore, non mancava di affermare a chiare lettere che il Del Val non poteva non riconoscere «le grandi benemerenze del fascismo verso la Chiesa».

Vittorio Emanuele III – è interessante notare – lo considerava «gran signore, uomo di spirito e diplomatico perfetto» nelle stesse settimane in cui le spie della polizia politica continuavano a riferire i giudizi sostanzialmente negativi del cardinale sulla situazione italiana. Una lunga informativa riservata – nel fare una panoramica complessiva – riassumeva la posizione di Del Val sul finire del febbraio 1930. A suo modo di vedere i rapporti tra Santa Sede e governo fascista erano sostanzialmente stabili e meno conflittuali dei mesi immediatamente precedenti. Questa «tregua apparente» secondo lui si spiegava con il bisogno del regime di ottenere l’appoggio completo da parte della Santa Sede in un momento di grave crisi economica interna e di sostanziale isolamento a livello internazionale. Quattro giorni più tardi la notizia della morte del cardinale arrivò «come un fulmine a ciel sereno».

Seppur non giovanissimo (aveva 64 anni), Merry Del Val godeva di una salute eccellente. Di «fibra forte e resistente», conduceva «vita regolarissima» e non mancava mai di praticare quotidianamente «esercizi ginnici». L’equilibrio «morale e fisico di tutta la sua esistenza dedicata al lavoro» faceva credere in una vita longeva. Il suo fidato collaboratore monsignor Nicola Canali, con il quale il Del Val «da tanti anni faceva vita quasi comune», fu il primo a mostrarsi dolorosamente sorpreso per l’improvvisa e inspiegabile morte. Canali – e non solo lui a dire il vero – non poteva capacitarsi della cosa e ben presto alcune indiscrezioni cominciarono a circolare con una certa insistenza. C’era qualcosa di misteriosamente tragico nella repentina scomparsa del cardinale e il monsignore iniziò a chiedere in giro. Il porporato era morto infatti nel corso di una banale operazione di appendicite, un intervento già considerato di routine negli anni Trenta ma per la quale, vista la caratura del personaggio, ci si era comunque affidati ad una équipe di alto livello. Il chirurgo scelto fu niente di meno che il prof. Giuseppe Bastianelli, luminare di chiara fama. Bastianelli aveva già operato «brillantemente e con pieno successo» il re, Vittorio Emanuele III, di un’ernia strozzata. Già il giorno dopo la morte del Merry Del Val un’informativa della polizia politica fascista avvertiva che «negli ambienti della Santa Sede» circolava «con insistenza» una grave accusa contro Bastianelli che veniva annotata «con molta prudenza a solo titolo di informazione». Secondo tali indiscrezioni – tutte da confermare – il chirurgo aveva niente meno che «ucciso S.E. il cardinale Merry Del Val».

Fu soprattutto il fidato Canali a muoversi con tenacia alla ricerca della verità. Ormai era chiaro a tutti che era successo qualcosa nel corso dell’operazione, ma si trattava di capire cosa e perché. La polizia politica fu rapida nelle sue indagini e i particolari cominciarono a delinearsi con maggiore precisione nei giorni immediatamente successivi. Si legge infatti in una nota riservata «che l’operazione di appendicite» era riuscita ma che «la somministrazione del cloroformio, troppo abbondante, avrebbe mandato all’altro mondo il Segretario della Suprema Santa Congregazione del Sant’Ufficio e Prefetto della S. Congregazione della Rev. Fabbrica di San Pietro». Il sospetto di tale gravissimo errore era stato comunicato al papa «il quale sarebbe rimasto molto costernato e impressionato». Nell’entourage della Segreteria di Stato fu imposto da questo momento un rigido riserbo ma la nota si chiudeva con una lapidaria affermazione: «malgrado ciò la grave accusa contro l’autorevole chirurgo circola ovunque negli ambienti della Santa Sede». Tutti in Vaticano ne parlavano con cautela e circospezione ma, notavano gli informatori, a parziale conferma che ci fosse del vero in tutta questa faccenda veniva riportato che il prof. Milani, secondo medico insieme a Bastianelli e direttore generale dei servizi sanitari vaticani, non aveva smentito la notizia ma «solamente alzato le spalle».

Si trattava di una vera «bomba» che vedeva protagonisti uno dei più potenti cardinali del Sacro Collegio, uno stimato chirurgo, uno dei medici del papa e infine un anestesista da anni collaboratore dello stesso Bastianelli. Gli indizi che ci fosse qualcosa di strano spinsero alla fine di marzo il papa in persona ad ordinare un’inchiesta interna volta ad accertare le cause della morte del cardinale. Le voci circa il fatto che egli fosse stato vittima «dell’imperizia e dell’errore dei medici» risultarono essere evidentemente sempre più insistenti. In una ennesima informativa riservata della polizia politica per la prima volta si faceva riferimento ad un particolare relativo ai «denti del cardinale» e alla confusione che si venne a creare nel corso dell’operazione subito dopo l’anestesia.

Il caso della morte di Merry Del Val si era trasformato in un affaire scottante con forti implicazioni anche sul piano diplomatico. Alla cerimonia di commemorazione risultarono clamorosamente assenti sia il nunzio, Borgongini Duca, che l’ambasciatore presso la Santa Sede, De Vecchi. Il fatto ovviamente non mancò di essere notato e Pio XI in persona chiese spiegazioni a Borgongini il quale fu costretto ad ammettere di «essersi trovato tra due fuochi» e di aver ceduto alle pressioni di De Vecchi. La parola d’ordine era evidentemente quella di insabbiare il più presto possibile la cosa con la giustificazione – solo in parte accettabile – che il cardinale era di fatto «l’avversario più accanito del fascismo nel Sacro Collegio».

A quanto sembra però non era tanto il governo fascista a voler tacere sulla imbarazzante vicenda, ma soprattutto certi ambienti vaticani. Il Del Val, all’indomani della Conciliazione, era visto come un potente avversario da molti, oltre che “papabile”. Secondo monsignor Canali – che continuava a non darsi per vinto e ad insistere con la tesi del tragico errore dei due medici, definendo l’incidente senza mezzi termini un «omicidio sia pure involontario» – le pressioni per non insistere oltre nell’accertamento della verità arrivavano da Giuseppe Pizzardo, uno degli uomini più potenti dell’establishment vaticano e diretto “protettore” dell’altro medico presente, quel prof. Milani già membro della ristretta cerchia dei “dottori del papa”.

All’inizio di giugno una laconica quanto inquietante informativa annunciava che l’anestesista dott.Boni, «terzo uomo» del team della tragica operazione a Del Val e «da 15 anni assistente personale di Bastianini», era morto «improvvisamente». Secondo Canali ed altri – sempre stando alle indiscrezioni raccolte dagli informatori fascisti in Vaticano – in realtà egli si era suicidato. Tutta la faccenda della morte del cardinale cominciava ad apparire come un vero e proprio “giallo” destinato a trascinarsi ancora per mesi fino alla tarda estate, quando una breve relazione sembra dire la parola definitiva alla misteriosa vicenda. Le indiscrezioni dei mesi precedenti, rafforzate dalle insistenze di Canali, si erano dimostrate fondate: era effettivamente successo qualcosa di inaspettato durante l’operazione. Sempre secondo quanto si legge in una nota – ancora della polizia politica fascista, in data 30 agosto 1930 – «la vera causa della morte di Merry del Val» era stata «la soffocazione».

Immediatamente dopo l’anestesia (somministrata, come di consueto a quei i tempi, per mezzo di cloroformio) ci si rese evidentemente conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Nelle operazioni preparatorie la dentiera mobile del cardinale era finita nella sua gola e nessuno dei tre era riuscito ad evitare il peggio. In pratica, una volta anestetizzato l’illustre paziente, si iniziò l’intervento e nei brevi e frenetici istanti successivi fu chiaro cosa era successo ma non ci fu il tempo per agire. Bastianelli infatti «non aveva sottomano le pinzette adatte» e in una manciata di secondi si trovò a dover sospendere l’intervento di appendicite (ad incisione già effettuata) e a cercare di salvare la vita del cardinale.

Privo di coscienza e con una dentiera incastrata nella gola, Rafael Merry Del Val, per una serie di avversità imprevedibili, morì soffocato tra lo sconcerto dei presenti. Nella relazione finale si legge che in Vaticano «raccontano che Bastianelli» si allontanò dalla camera operatoria «dimenticando anche il cappello».
VisaniMDV