Migrazioni e trasformazione urbana a Roma dalla metà dell’Ottocento alla fine dell’età liberale (1850-1920)
Facendo ricorso alla letteratura e alle fonti statistiche dell’epoca, il saggio intende analizzare le migrazioni e la mobilità abitativa nell’area romana tra il 1850 e il 1920, mettendo in relazione tali fenomeni con la trasformazione urbanistica vissuta dalla città. Il contributo prende le mosse dai due decenni che hanno preceduto l’annessione al Regno d’Italia per evidenziare come dal punto di vista demografico e migratorio la cesura tra ciò che è avvenuto prima e dopo il 1870 sia stata forse meno netta di quanto si è soliti ritenere.
Le migrazioni in entrata e in uscita da una città e la mobilità residenziale intra-urbana sono i fenomeni sociodemografici che più influiscono sul mutamento del volume e della struttura della popolazione nei diversi quartieri. La mobilità delle persone rispecchia infatti la trasformazione dello spazio edificato e si intreccia con il cambiamento della forma e delle caratteristiche della città in una relazione di causa ed effetto. D’altro lato, la città è una costruzione storica che muta nel tempo e lo fa con modalità sempre variabili, talvolta i cambiamenti avvengono in coincidenza con determinati eventi, altre volte in anticipo o in ritardo. Lo studio congiunto delle migrazioni e della trasformazione urbanistica può fornire indicazioni utili a mettere in luce le cesure storiche che hanno coinciso con i momenti di mutamento e a comprendere le radici degli squilibri esistenti.
Le migrazioni nell’area romana durante l’età liberale, indicativamente il periodo che va dalla nascita del Regno d’Italia all’avvio del regime fascista, avvennero in una fase di profonda trasformazione sociale in atto nella penisola ed ebbero come elemento di spinta la grande difficoltà delle aree rurali nel sostentare una popolazione in rapida crescita, cui si sommava il nuovo ruolo di capitale come potente fattore di attrazione.
A partire dagli ultimi decenni del XIX secolo l’Italia era divenuta uno dei maggiori paesi di emigrazione nel panorama internazionale, ma parallelamente si intensificavano anche le migrazioni interne e il processo di urbanizzazione nelle grandi aree urbane del Centro-Nord.
A Roma la crescita demografica prodotta dalle migrazioni fu rapida e andò di pari passo con un’espansione edilizia discontinua nel tempo, ma a tratti travolgente e quasi sempre guidata da logiche speculative, che resero strutturale il mancato incontro tra domanda e offerta di abitazioni.
Gli immigrati appena giunti tendevano a stabilirsi nel centro cittadino, salvo poi spostarsi in aree più esterne una volta stabilizzatisi anche a livello occupazionale. In generale, la costruzione di nuovi edifici dotati di abitazioni più comode e le demolizioni attuate nell’ambito dei piani di risanamento nei rioni più degradati favorivano un graduale allontanamento dei residenti dai rioni centrali ai rioni periferici e ai quartieri esterni adiacenti alle Mura aureliane. A Roma come nelle altre grandi aree urbane italiane, questo processo centrifugo con il tempo tenderà a svilupparsi, influenzato anche dalla crescente disponibilità di mezzi di trasporto.
Facendo ricorso alla letteratura e alle fonti statistiche dell’epoca, il saggio intende analizzare le migrazioni e la mobilità abitativa nell’area romana tra il 1850 e il 1920, mettendo in relazione tali fenomeni con la profonda trasformazione urbanistica vissuta dalla città. Si è voluto prendere le mosse dai due decenni che hanno preceduto l’annessione della città al Regno d’Italia per evidenziare come dal punto di vista demografico e migratorio la cesura tra ciò che è avvenuto prima e dopo il 1870 sia stata forse meno netta di quanto si è soliti ritenere.
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