Geel e Santa Dinfna, una secolare tradizione di assistenza psichiatrica

Geel e Santa Dinfna, una secolare tradizione di assistenza psichiatrica

Abstract: Il presente articolo ripercorre alcuni degli aspetti più significativi della storia della secolare tradizione di assistenza psichiatrica di Geel, tra cui l’origine del fenomeno collegata al culto della santa cristiana chiamata Dinfna, i rituali medici/taumaturgici messi in atto nel passato, lo sviluppo della peculiare forma di trattamento (tutt’ora praticata) per cui i pazienti venivano inseriti nella vita quotidiana delle famiglie locali, il dibattito intellettuale sul “modello Geel” avuto luogo nel XIX secolo, e il modello terapeutico di Geel e la figura di santa Dinfna nella società e nella cultura contemporanea.
  1. Introduzione

Nella cittadina fiamminga di Geel si fornisce assistenza alle persone affette da malattie neuropsichiatriche sin dal Medioevo. Il sistema di cura implementato a Geel (nel passato e ancora oggi) è fondato su un modello riabilitativo in cui i pazienti vengono inseriti nella vita quotidiana delle famiglie locali; tale modalità di intervento era innovativa per l’epoca in cui venne messa in atto ed è stata, a partire dal XIX secolo, oggetto di studio e di interesse sociologico e scientifico. La venerazione della santa cristiana chiamata Dinfna ha rappresentato l’origine di tale tradizione medica, nonché un elemento importante nel suo mantenimento nel tempo. L’assistenza alle persone affette da disturbi neuropsichiatrici, il culto di santa Dinfna e lo sviluppo della città di Geel sono stati nel corso dei secoli elementi strettamente collegati gli uni con gli altri, rendendo la cittadina belga un rilevante luogo di interesse per la storia della medicina e del pensiero medico. Nel presente articolo verranno ripercorsi alcuni degli aspetti più significativi dell’origine e dello sviluppo della tradizione di assistenza psichiatrica a Geel attraverso una disamina della letteratura sul tema.

 

  1. La vita di santa Dinfna tra storia, mito e agiografia

Sebbene le informazioni sulla vita di Dinfna non siano attendibili sul piano storico, viene generalmente riportato che la santa sia vissuta all’incirca nel VII secolo d.C. La sua Passio viene narrata in un’opera agiografica del XIII secolo, Vita Sanctae Dimpnae. Secondo quanto riportato, il testo fu scritto da Petrus Cameracensis, sacerdote della chiesa di Sant’Uberto a Cambrai, il quale, dietro invito del vescovo del luogo, mise per iscritto e tradusse in latino le storie che si narravano oralmente su di lei nella regione delle Fiandre. Di seguito sono riassunti i fatti principali della vita di Dinfna per come è stata descritta.

Dinfna era la figlia unica del re, di religione pagana, e della regina, di religione cristiana, di un regno situato in Irlanda. Durante la sua prima infanzia la madre, di nascosto dal marito, la fece battezzare dal sacerdote Gereberno ed ella mostrò sin da giovane una marcata spiritualità e una dedizione alla vita di preghiera.

Quando la madre morì, il re inviò messaggeri ai regni vicini per cercare una nuova donna da sposare che fosse simile nel rango e nell’aspetto alla defunta moglie. I soldati, non riuscendo a trovare donne all’altezza, suggerirono al re di sposare sua figlia Dinfna, che era molto bella e simile alla madre. L’idea infiammò la mente del re, il quale cercò di convincere la figlia a sposarsi con lui promettendole ricchezze e ricompense. Dinfna, che crescendo aveva fatto voto di dedicare la vita a Dio, rifiutò le proposte del padre, da lei considerate incestuose e abominevoli, e cercò invano di ricondurlo alla ragione. Non tenendo conto dei rifiuti della figlia il re, in preda a una feroce follia, iniziò a metterla alle strette affermando che l’avrebbe sposata anche contro la sua volontà. Per prendere tempo, Dinfna chiese al padre quaranta giorni di riflessione, durante i quali si fece portare vestiti e paramenti inducendo il re a credere che avesse accettato la proposta di matrimonio. Dinfna in realtà era terrorizzata dalle intenzioni del padre e chiese consiglio a Gereberno, il quale la incoraggiò a mantenere un comportamento retto e a essere pronta a fuggire o anche a morire pur di preservare le virtù cristiane. Dopo attente riflessioni, Dinfna decise di perseguire la via della fuga: travestita, scappò per mare insieme a Gereberno e ad alcuni compagni.

Dopo un breve viaggio in barca, gli esuli approdarono nel luogo successivamente noto come Anversa e si stabilirono nel vicino borgo di Geel; lì si insediarono nei pressi di una chiesa dedicata a san Martino e iniziarono a condurre una vita ritirata fondata sulla preghiera, sullo studio della teologia e sulla carità verso i poveri. Il re intanto, disperato per la scomparsa della figlia, era partito insieme ai suoi uomini per cercarla, giungendo infine proprio ad Anversa. Fermatisi per la notte in una locanda vicino a Geel, il re e i soldati si accorsero che il locandiere possedeva delle monete simili alle loro, e tramite questo indizio capirono che quella era la regione in cui i fuggitivi si erano rifugiati.

Individuato il luogo esatto in cui Dinfna si era nascosta, il re furioso, invasato e come indemoniato, vi si recò deciso a ucciderla se non si fosse concessa a lui. Ricominciò a chiederle con insistenza di sposarlo promettendole, se avesse acconsentito, gloria e ricchezze. A questo punto Gereberno intervenne in difesa della fanciulla ammonendo il re per la malvagità del suo comportamento; questi, nel vedere che il sacerdote non si faceva intimidire dalle minacce, lo fece decapitare. Convinto che la morte del mentore avrebbe fatto vacillare le convinzioni di Dinfna, il re provò dunque un’ultima volta a convincerla a concedersi a lui, avvertendola che, se non lo avesse fatto, sarebbe stata decapitata. Senza cedere, la fanciulla rispose ribadendo di non avere intenzione di arrendersi ai suoi approcci incestuosi, di rifuggire le sue lusinghe idolatriche, e di essere pronta al martirio nel nome di Gesù Cristo. Il re allora, fuori di sé per la rabbia, ordinò ai suoi uomini di decapitare la ragazza; nessuno di essi ebbe tuttavia il coraggio di farlo, e così la decapitò lui stesso. Dopo l’assassinio, il re e la sua comitiva se ne andarono lasciando sul luogo i cadaveri, che furono seppelliti tempo dopo dagli abitanti della zona.

Rispetto a quanto sopra riportato, che è una sintesi di quanto scritto da Petrus Cameracensis nel XIII secolo, la storia di Dinfna è stata nel tempo “arricchita” di dettagli non direttamente rintracciabili nel testo originale: il padre è divenuto noto con il nome di Damen o Damon, e il suo regno è stato identificato come quello di Oriel; il borgo irlandese di Tydavnet viene considerato un luogo in cui Dinfna e la sua compagnia di fuggitivi sostarono prima di imbarcarsi e di lasciare l’Irlanda; secondo alcune versioni, il padre di Dinfna rinsavì dal suo stato di “follia” subito dopo aver decapitato la figlia, mentre secondo altre egli pagò il misfatto con una demenza precoce procuratagli dal diavolo; c’è anche chi ha scritto che la visione della decapitazione di Dinfna sia stata guaritrice per alcuni malati che vi avevano assistito.

 

 

Santa-Dinfna
© Gasthuismuseum Geel. Ziekenzorg in het Geelse gasthuis (Cure ospedaliere nell’ospedale di Geel), dipinto del 1639 di autore ignoto attualmente conservato presso il Gasthuismuseum di Geel. Il quadro raffigura otto monache intente a prestare assistenza medica agli ammalati all’interno dell’ospedale edificato nel XIII secolo nel luogo in cui, secondo la leggenda, Dinfna fu uccisa. Gli ambienti di tale ospedale sono oggi adibiti a museo.

Le vicende narrate inerenti alla vita di Dinfna risultano non storicamente attendibili per molteplici ragioni. Già il fatto che la Vita di Dinfna sarebbe stata scritta diversi secoli dopo la sua presunta morte, quando la sua venerazione era popolare nella regione delle Fiandre, trascrivendo storie e dicerie che si erano diffuse per tradizione orale nel corso di generazioni, suggerisce che il testo sia fondato su fonti non affidabili e su un approccio di tipo non storico, bensì agiografico.

Ad ogni modo, nel Medioevo la figura di Dinfna fu idealizzata in senso religioso nel suo ruolo di vergine e martire: ispirata dalla fede cristiana e avendo deciso di consacrare la sua vita alla preghiera, la giovane donna aveva cercato di fuggire dall’incesto, dall’idolatria e dal peccato, e aveva preferito la morte piuttosto che piegarsi ad essi.

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