Politica e informazione a Venezia: la nunziatura apostolica di Sigismondo Donati (1618-1621)

Politica e informazione a Venezia: la nunziatura apostolica di Sigismondo Donati (1618-1621)

Abstract: Ultimo nunzio del pontificato Borghese nella città lagunare, Donati esercitò i propri compiti diplomatici in un periodo di estrema precarietà in Italia, in Europa, e sul versante adriatico del Mediterraneo. Il presente articolo, basato prevalentemente sui carteggi della nunziatura conservati presso l’Archivio Apostolico Vaticano e la Biblioteca Vaticana, tratterà alcuni aspetti della nunziatura, con un’attenzione particolare per la difesa del diritto dei sudditi del sovrano pontefice a navigare e commerciare nell’Adriatico, strettamente intrecciata, all’indomani della guerra di Gradisca e della “Congiura” di Bedmar, ad un costante rischio di conflitti veneto-asburgici. In appendice, inoltre, è presente una prima edizione dell’istruzione al nunzio, a partire da una copia manoscritta conservata presso la Biblioteca Nazionale Marciana.

Ultimo nunzio apostolico a Venezia durante il pontificato Borghese, la figura di Sigismondo Donati (c. 1552-1641), vescovo di Ascoli Piceno, non è stata approfondita in modo particolare dalla storiografia. Dalle notizie a nostra disposizione sul suo conto, frutto dell’erudizione settecentesca, si evince che nacque a Correggio da una famiglia nobile di origine fiorentina. Secondo Girolamo Tiraboschi, Donati fu «assai caro» a Cosimo II de’ Medici, forse per i suoi legami personali e familiari con l’Ordine di Santo Stefano. Già arcidiacono e vicario generale ad Ascoli, Donati, dotato come il suo predecessore Berlingero Gessi di una solida competenza giuridica, fu vescovo di Venosa nel 1598, poi di Ascoli dall’agosto del 1605. Nel presente articolo, basato sull’inedita istruzione al nunzio e sui carteggi della nunziatura conservati presso l’Archivio Apostolico Vaticano e la Biblioteca Vaticana, si tenterà di delineare alcuni aspetti della nunziatura di Donati. L’attenzione sarà focalizzata, in particolare, su due versanti interconnessi. Dal punto di vista politico, le attività svolte dal nunzio per salvaguardare il diritto dei sudditi del sovrano pontefice a navigare e commerciare nell’Adriatico furono strettamente intrecciate, all’indomani della guerra di Gradisca e della “Congiura” di Bedmar, al costante rischio di un conflitto veneto-asburgico. L’altro versante sarà quello relativo all’informazione: se trasmettere informazioni era prerogativa di ogni diplomatico, Venezia, com’è noto, era al centro di un vasto sistema di raccolta di notizie, in particolare dal mondo balcanico e dal Mediterraneo Orientale. Per questo Donati, come altri nunzi di Venezia prima e dopo di lui, dovette informare costantemente la Curia su diverse questioni politiche, giurisdizionali, e confessionali, tra cui spiccano i rapporti tra la Serenissima e l’Impero ottomano.

L’istruzione al vescovo di Ascoli Piceno, comunque, scritta il 10 novembre 1618 e pubblicata qui integralmente, era focalizzata su questioni eminentemente politiche. Per altre indicazioni, del resto, si rimandava esplicitamente ad una precedente istruzione orale, e soprattutto alle preziose indicazioni dell’«informatissimo» predecessore Berlingero Gessi, che peraltro sarebbero state messe per iscritto il mese successivo. Nell’istruzione ufficiale a Donati venivano proposti due “capi” considerati prioritari per la politica perseguita dal papato a Venezia: la difesa della giurisdizione ecclesiastica, e la contesa sui diritti di navigazione dell’Adriatico. Il contesto era quello dei complessi problemi di giurisdizione in corso tra i due Stati, sostanzialmente ancora irrisolti, seppure mitigati da una faticosa riappacificazione avviata dalla precedente nunziatura dopo la crisi dell’Interdetto. Dopo alcune considerazioni di rito sull’importanza della nunziatura di Venezia e sull’idoneità dello stesso Donati, l’istruzione insisteva sulla necessità di preservare la giurisdizione ecclesiastica dalle “pretese” di Venezia. Ciò implicava naturalmente le onnipresenti cause contro il clero regolare e contro i vescovi. L’accento veniva posto in particolare sulla questione della sovranità, che la Repubblica reclamava su Ceneda e sul patriarcato di Aquileia.

L’istruzione a Donati offre un interessante riassunto, da un punto di vista eminentemente romano, dei termini del problema della sovranità adriatica. Sin da quando, nel 1510, Venezia aveva accettato le capitolazioni sulla libertà di navigazione imposte da papa Giulio II, gli interessi della Serenissima si erano concentrati sulla conservazione dei propri domini, in particolare attraverso una politica di neutralità. In questo contesto, accanto agli Asburgo, lo Stato della Chiesa fu un importante contendente di Venezia. In lenta ma costante espansione, il sovrano pontefice era arrivato a controllare dal 1509 Ravenna, dal 1532 Ancona, e dal 1598 Ferrara. In anni recentissimi, la disputa sull’Adriatico aveva raggiunto dimensioni pienamente europee con la guerra di Gradisca (1615-1617), per molti aspetti un preludio alla Guerra dei trent’anni, ma parallelamente continuò anche nel campo della trattatistica e della giustificazione storica.

[…]


Angione-Politica-e-informazione-a-Venezia-1