La fabbrica dei falsi ovvero la fantastoria templare della sindone di Torino


Abstract: La discussione di un libro recente di Andrea Nicolotti offre un'importante occasione per esaminare i procedimenti argomentativi della cosiddetta sindonologia e per riflettere sulla preoccupante tendenza di autori, editori e mass media a recepire e diffondere tra il grande pubblico clamorose falsificazioni di documenti e arbitrarie ricostruzioni di presunti avvenimenti storici. In particolare, alla luce delle preziose analisi svolte da Nicolotti, vengono qui esaminati i tentativi recenti di accreditare due tesi, che ad un esame approfondito si rivelano completamente infondate: la prima sostiene l'identificazione tra la Sindone di Torino ‒ la cui esistenza non è storicamente documentabile anteriormente alla seconda metà del secolo XIV ‒ e il famoso Mandylion conservato a Edessa e trasferito nel 944 a Costantinopoli; la seconda, basandosi sulla prima, vorrebbe provare che i Templari, nella seconda metà del Duecento, vennero in possesso del prezioso sudario di Gesù, giunto in Occidente dopo essere stato trafugato dai crociati durante il saccheggio della capitale bizantina, nel 1204. Il corollario di questo assurdo castello di ipotesi è che il misterioso idolo che alcuni Templari, sotto tortura, durante i processi del 1307, confessarono di adorare nelle loro cerimonie iniziatiche, altro non era che il lenzuolo funebre di Gesù Nazareno, giunto nel 1578 a Torino e lì tuttora conservato.

Che tra «un’affermazione falsa, un’affermazione vera e un’affermazione inventata» non sussista, «dal punto di vista formale, alcuna differenza» – lo ricordava Carlo Ginzburg in una frase lapidaria opportunamente citata da Andrea Nicolotti come epigrafe al terzo capitolo del libro (I Templari e la Sindone. Storia di un falso, Prefazione di Malcolm Barber, Roma, Salerno editrice, 2011) che qui si discute – è un’evidenza logica ed epistemica sempre soggetta al rischio letale di fraintendimento per dolo, per inavvertenza ovvero per insipienza. Come scrisse Alessandro Manzoni, citato ancora da Nicolotti sempre in esergo al primo capitolo del suo lavoro, «anche del verosimile la storia si può qualche volta servire» purché lo faccia «nella buona maniera» ossia «distinguendolo dal reale». In effetti, la «forma più insidiosa di inganno» di cui lo storico possa rendersi artefice o complice non è tanto il «contrario della verità, brutale, a tutto tondo» bensì «il rimaneggiamento sornione: interpolazione di carte autentiche, abbellimenti con dettagli inventati, nella narrazione, su uno sfondo tutto sommato veritiero».

Queste ultime osservazioni di Marc Bloch si attagliano perfettamente ai percorsi sinuosi e cangianti della cosiddetta sindonologia, che Andrea Nicolotti si propone qui di vagliare delimitandone il campo, da un lato, alla declinazione autenticista, che è poi quella di gran lunga prevalente, per non dire esclusiva, specie nei periodi di addensamento dei fumi occasionati dalle solenni ostensioni della reliquia torinese, ultima quella del maggio 2010; dall’altro – ed è l’aspetto qualificante la scelta di campo epistemologico e disciplinare dell’opera – alle sole fonti e agli studi di carattere storico e storiografico. Si escludono dunque dall’ambito di verifica le ricerche chimico-fisiche che, a partire dal celebre negativo fotografico di Secondo Pia (1898), ma in particolare negli ultimi decenni, hanno preso in esame il tessuto conservato all’interno del duomo di Torino, e ancor oggi ritenuto da molti il lenzuolo funerario in cui fu avvolto e sepolto il cadavere di Gesù, recando miracolosamente impresse le fattezze terrene del Nazareno sfigurate dalla flagellazione e dalla crocifissione.

A. Nicolotti, I Templari e la sindone. Storia di un falso (Salerno Editrice, 2011)
A. Nicolotti, I Templari e la sindone. Storia di un falso (Salerno Editrice, 2011)
CanettiRecNicolottiDEFrivistaautoreDEF