“Comunicare la santità” nella tradizione luterana degli inizi: santi e primi testi agiografici

“Comunicare la santità” nella tradizione luterana degli inizi: santi e primi testi agiografici

Abstract: La questione dei santi nel primo luteranesimo non si riduce all’attacco contro l’«abominio dell’Anticristo» e alla conseguente abolizione del "culto dei santi" con radicale riduzione del santorale nel calendario liturgico. L’esperienza dei primi martiri e il bisogno di celebrarne la testimonianza suprema attraverso racconti spinge le chiese luterane ad una concreta operazione di scrittura agiografica. L’esempio di tali eroi uccisi «von wegen des Euangelij», "comunicato" in historiae edificanti, diventa così incoraggiamento per le comunità evangeliche perché resistano nella tribolazione. Di queste prime Märtyrerflugschriften, testimonianza preziosa e concreta di quella transizione dalla invocatio alla memoria sanctorum, verrà offerta una breve panoramica al fine di evidenziarne anche l'emergente nuova icona di santità.

L’attacco della Riforma contro il sistema agiografico della chiesa papista – sistema inteso come prassi cultuale e scrittura sui santi – non porta ad un disprezzo dei santi e neppure ad una scomparsa di interesse nei confronti delle loro historiae. Pur non assurgendo mai tra le tematiche centrali del pensiero teologico di Lutero e degli altri riformatori, di fatto avvia un processo di trasformazione verso una diversa concezione agiografica e relativa “narrazione” della santità più in sintonia con il Vangelo della grazia. Così, nel primo luteranesimo la questione dei santi non si riduce alla critica contro l’«abominio dell’Anticristo» e alla conseguente abolizione del “culto dei santi” o ad una radicale riduzione del santorale nel calendario liturgico. L’esperienza dei primi “martiri luterani” e il bisogno di celebrarne la testimonianza suprema attraverso racconti spinge le chiese ad una concreta operazione di “comunicazione” della santità attraverso la scrittura agiografica. L’esempio di tali eroi uccisi «von wegen des Euangelij» diventa così incoraggiamento per le comunità evangeliche perché resistano nella tribolazione.

 

Critica e proposta agiografica di Lutero e delle nascenti chiese luterane

Dopo la rottura con Roma (1520-21) Lutero, concentrandosi su elementi più di natura teologica, ribadisce che il culto dei santi non appartiene alle cose necessarie della vita cristiana e biasima il fatto che una tale devozione finisce per ostacolare il rapporto del fedele con Cristo e con Dio. Condanna, inoltre, come anti-evangelico il ruolo di intermediari che la pietà tradizionale attribuisce ai santi col pericolo di cadere nell’idolatria e di negare la centralità e l’unicità della mediazione di Cristo, contestando altresì l’esaltazione dei «santi morti» come esseri superiori, quando invece sono state persone normali, e affermando che i veri santi sono in realtà le membra vive della chiesa. Ma soprattutto sostiene con forza: «es ist von verstorbener heyligen furbit, ehre und anruffen nichts ynn der schrifft [=nella Scrittura non c’è nulla sull’intercessione, la venerazione e la invocazione dei santi morti]», adducendo così per la prima volta nel 1523 la decisiva ragione teologica che la Parola di Dio nulla dice a favore del culto dei santi. Negli anni successivi, partendo dalla nozione evangelico-paolina di santo, delinea una modalità differente di onorare i santi: essi sono semplici uomini, destinatari e perciò testimoni dell’azione salvifica e gratuita di Dio ed esempi da imitare e da ricordare ad edificazione comune.

Il riformatore di Wittenberg critica pure la tradizionale letteratura agiografica con particolare riferimento alla Legenda aurea di Jacopo da Varazze, al Catalogus Sanctorum del De Natalibus e alla raccolta Vitae Patrum, a suo giudizio responsabile di tale deviazione, oltre che inaffidabile sul piano della verità storica e nociva alla fede per il contenuto antievangelico che spesso veicola. Senza, per questo, rigettare radicalmente il ricorso ai racconti “agiografici”. Anzi nella Vorrede alle Festpostille del 1526-1527 auspica sinceramente che qualcuno li riveda accuratamente, purificandoli da tutti gli elementi fantasiosi e anti-evangelici; desiderio che realizzeranno Bonnus, Major e Spalatino negli anni Trenta/Cinquanta del XVI secolo. Una revisione da fare sulla base delle historiae narrate dalla s. Scrittura, le uniche assolutamente credibili e capaci di comunicare le cose veramente utili e necessarie al cristiano: solo su di esse in definitiva è possibile costruire una vita cristiana migliore. Mentre tra le leggende – precisa Lutero in una Tischrede – «soltanto pochissime sono genuine: le meno sospette sono quelle dei martiri, mentre le leggende degli anacoreti e dei monaci sono strampalate»; una valutazione che di fatto servirà da norma nel recupero di alcune figure della letteratura agiografica tradizionale realizzato dalle chiese evangeliche, con la conseguente eliminazione o correzione radicale di tutti i testi relativi ai santi monaci e asceti a favore della conservazione e valorizzazione unicamente di quelli riguardanti i santi martiri.

 

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Xilografia dal frontespizio della Dye histori di Reckenhofer (1523)
Martirio degli agostiniani luterani Endrik Vos e Johann van Esschen (Bruxelles 1523)

Gli scritti confessionali di indirizzo luterano, pur confermando la necessità di eliminare la «invocatio sanctorum», riconoscono che «memoria sanctorum proponi potest»; così nella Confessio Augustana del 1530 all’art. XXI tra gli «Articuli fidei praecipui». Ma anche nella più argomentata versione dell’Apologia Confessionis (1531), in risposta alle dure critiche della Confutatio Pontificia. Qui Melantone senza mancare di ribadire l’infondatezza biblica di tale devozione, che oltre tutto trasforma i santi in «propitiatores», oscurando così il ruolo unico della mediazione di Cristo e inducendo all’idolatria con la venerazione delle loro immagini e reliquie, precisa che ogni devozione ai santi deve essere anzitutto azione di grazia verso Dio misericordioso, conferma della fede e invito all’imitazione: onorarli significa emularne la fede e le altre virtù. E ancora, nello stigmatizzare la letteratura agiografica tradizionale come bugiarda e fuorviante, il Praeceptor Germaniae esprime il rammarico che nessuno sulla base di storie autentiche abbia raccolto dei santi gli «atti grandiosi, utili alla collettività e capaci di proporre esempi per ogni situazione particolare», precisando che gli evangelici considerano di grande giovamento la rievocazione attraverso historiae di tali straordinarie imprese per rendere salda la fede e sollecitare la santa emulazione: è molto proficuo, sottolinea, «ascoltare il racconto» di come i santi uomini hanno amministrato la cosa pubblica, a quali pericoli sono andati incontro, come sono stati d’aiuto ai governanti, come hanno insegnato il vangelo e quali lotte hanno dovuto sopportare contro gli eretici. Per cui, conclude nell’Apologia Confessionis, è opportuno e auspicabile che i racconti di simili esempi della fede siano non soltanto raccolti, ma altresì letti in pubblico e in privato.

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