La Spera: la prostituta e l’utopia. La Nuova Colonia di Luigi Pirandello alla luce della semiologia di Roland Barthes

La Spera: la prostituta e l’utopia. La Nuova Colonia di Luigi Pirandello alla luce della semiologia di Roland Barthes

Abstract: Quando nel 1953 Roland Barthes pubblica Il grado zero della scrittura suggerisce che il romanzo e la storia hanno un profondo legame. Egli ritiene che la letteratura sia in grado di agire laddove la verità storica viene rigettata o nascosta. Essa è il luogo in cui possono trovare spazio istanze e desideri altrimenti considerati impossibili. Più specificamente, la produzione di un testo letterario – in quanto Testo – rappresenta quella speciale attività grazie alla quale ogni essere umano può sottrarsi al potere che la lingua incessantemente esercita, e in qualche modo ri-scrivere le regole del mondo che – esattamente come la sua lingua – gli è stato consegnato alla nascita. Di questo propriamente si tratta nel saggio che qui presentiamo. Protagonista una prostituta, l’utopia messa in scena in La nuova colonia di Luigi Pirandello (1928), è un luminoso esempio di quanto Barthes suggerisce circa il tipo di “rivoluzione permanente” incarnata dalla pratica dello scrivere e, in particolare, dal teatro.

Il 7 gennaio 1977 Roland Barthes inaugura la cattedra di Semiologia Letteraria al Collège de France con un fascinosissimo intervento passato alla storia con il titolo di Lezione. La questione affrontata è una di quelle a cui quest’ultimo dedica un’attenzione continua, vale a dire il rapporto tra linguaggio e potere. Specificamente, egli mostra che il linguaggio è il luogo dove si consumano forme di esclusione e di controllo certamente paragonabili a quelle incarnate dal potere istituzionalizzato. Egli dimostra che questo accade a causa del fatto che le lingue rappresentano una macchina produttrice di stereotipi, ovvero di «mostri» che incarnano «l’implacabile potere della constatazione» per cui ciò che è multiforme viene «assoggettato» dalla classificazione linguistica e, quindi, culturale. Tenendo conto che l’essere umano non può uscire dal linguaggio senza uscire dalla storia, scarse e scabrose sono le strade che possono essere percorse per sottrarsi a questo specifico tipo di potere. Una di quelle più proficuamente percorribili è la scrittura teatrale in quanto essa ci permette «proprio dall’interno della lingua servile, una vera eteronomia delle cose». Questo lavoro è dedicato a La nuova colonia di Luigi Pirandello. Si tratta di una commedia in un prologo e tre atti rappresentata a Roma per la prima volta il 24 marzo 1928 al Teatro Argentina e pubblicata nello stesso anno a Firenze dall’editore Bemporad.

Spera-De Luca-Prostituzione
La Spera (progetto grafico by Giovanni De Luca)

Dedicata a Marta Abba, sua protagonista femminile, essa rappresenta un originalissimo punto di vista circa la figura della prostituta. In una Italia dominata dal fascismo che nel frattempo si era dotato, tra l’altro, di una legislazione che faceva sì che le prostitute venissero arrestate non solo in quanto presunte portatrici di immoralità, ma anche in quanto «sovversive» e, una volta scontata la pena, finissero al confino o in manicomio, Pirandello affida la sua utopia politica proprio alle parole e alle azioni di quella “donnaccia” che non a caso egli chiama La Spera. In termini più specificamente barthesiani, La nuova colonia è certamente un testo che contribuisce a controbilanciare il potere di irreggimentazione che abita la lingua in quanto luogo in cui si annida la «ripetizione» e la «gregarietà».

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